Milano, Qatar. Colonizzazione in corso
"Il mondo si divide tra quelli che sono italiani e quelli che vorrebbero essere italiani". Lo sceicco Suhami al Thani, 29 anni ha in passato parlato così dell’Italia, a proposito dell’investimento della Qatar Holding che nel 2013 aveva acquisito una partecipazione del 40% di Porta Nuova.
"Il mondo si divide tra quelli che sono italiani e quelli che vorrebbero essere italiani". Lo sceicco Suhami al Thani, 29 anni, membro della famiglia reale del Qatar e secondo cugino dell’attuale emiro, ha in passato parlato così dell’Italia, a proposito dell’investimento della Qatar Holding che nel 2013 aveva acquisito una partecipazione del 40% di Porta Nuova. Un investimento che ora è salito al 100% e che consegna agli emiri l’intero quartiere di Milano [1].
"Là dove c’era l’erba, ora c’è una città. E dove comandavano Salvatore Ligresti e Bruno De Mico, ora comanda il Qatar. È il quartiere più innovativo di Milano, Porta Nuova. C’è il grattacielo più alto d’Italia (per ora), quello dell’Unicredit, con il pennacchione disegnato da Cesar Pelli e la piazza Gae Aulenti diventata un nuovo punto d’incontro dei milanesi, tra il modaiolo corso Como e l’ex popolare quartiere Isola. C’è il Bosco verticale progettato da Stefano Boeri. C’è il Diamante di Lee Polisano, con la punta che di notte cambia colore. In tutto, 25 edifici, di cui 8 grattacieli" (Gianni Barbacetto) [2].
Annunciata venerdì, l’operazione è stata chiusa dopo sei mesi di trattative. Il fondo sovrano Qia (Qatar investment authority), che controlla Qatar Holding, ha rilevato di fatto le quote degli altri soci fra cui Unipol, Hines, il fondo pensioni Tiaa Cref, Coima (famiglia Catella) assistita da Shearman&Sterling, dallo studio Tremonti e dall’advisor Citi [3].
La parte residenziale comprende complessivamente 380 unità abitative, aree pedonali, piste ciclabili e un parco di 90mila metri quadrati. L’area in questione vale sul mercato circa due miliardi di euro, a fronte di un investimento iniziale dei primi soci intorno ai 300 milioni di euro. Secondo indiscrezioni il Qatar, che ha comprato quasi certamente a sconto, avrebbe speso per l’acquisizione una cifra compresa tra i 500 e i 700 milioni di euro di equity, il resto è debito [3].
Sandra Riccio: "Il business dei nuovi grattacieli di Milano, delle residenze di superlusso e degli architetti di grido, ha fatto parecchie macerie. La colpa, certo, è della crisi, del crollo dei prezzi, della difficoltà a rifinanziare i debiti ma in mezzo a queste vicende ci sono anche bancarotte, sequestri e guai col Fisco. Il risultato è che un’intera schiera di palazzinari è stata spazzata via in meno di dieci anni: sulla scena milanese non ci sono più nomi storici come Ligresti, Lodigiani, Beltrami Gadola, Zunino e Coppola. Hanno superato la crisi, e si preparano a incassare, soltanto i “costruttori” con le spalle larghe, quelli che hanno avuto la possibilità di aspettare che il mercato cambiasse: banche, assicurazioni e grandi fondi immobiliari senza bisogno di finanziamenti" [4].
"Questa è anche la storia ingloriosa del declino degli immobiliaristi milanesi. I lavori di Porta Nuova furono avviati dalla famiglia Ligresti, cui era associato lo stesso Manfredi Catella che ieri ha realizzato il colpaccio della vendita agli arabi. Catella (e non solo lui) ne esce con una ricca plusvalenza. Si dice che parte di questa liquidità sia destinata a un nuovo investimento nel Lido di Venezia. Siamo sicuri che ne beneficerà il sistema economico italiano?" (Gad Lerner) [5].
In Italia il Qatar, in diverse declinazioni tra fondo sovrano e Katara hospitality e in misura minore attraverso società che fanno capo all’emiro e ad altri membri del Governo degli Emirati, detiene un portafoglio che potrebbe valere secondo le ultime valutazioni ben oltre tre miliardi di euro [3].
Il Qatar, che con i suoi undicimila chilometri quadrati di superficie è poco più grande della Basilicata, si è dedicata negli ultimi anni a uno shopping compulsivo in Italia. Nel 2011 gli al Thani hanno acquistato l’hotel Gallia a Milano, nel 2012 il fondo sovrano ha praticamente rilevato la Costa Smeralda. Nello stesso anno, attraverso la Mayhoola for investment, i reali hanno comprato la maison Valentino per 700 milioni di euro. E più di recente la stessa Qia è entrata con un investimento di 165 milioni nel capitale di Inalca, la società del gruppo Cremonini [1].
Il fondo sovrano del Qatar è stato creato nel 2005 per gestire le immense rendite petrolifere dell’emirato. A oggi il suo patrimonio supera i 60 miliardi di dollari ed è composto soprattutto da asset immobiliari [6].
Ora l’Italia è il secondo Paese al mondo per presenza del fondo qatariano, dopo il Regno Unito. A Londra la famiglia al Thani ha appena comprato il Canary Wharf tra il Tamigi e la City, un gruppo di grattacieli sede di banche e istituzioni finanziarie. Nella capitale britannica il Qatar possiede poi diversi immobili nel ricco quartiere di Mayfair, i grandi magazzini Harrods e la torre più alta d’Europa, lo Shard disegnato da Renzo Piano [7].
Stefano Montefiori: "A Parigi il protagonismo degli emiri del Qatar è cominciato con la presidenza Sarkozy ed è proseguito sotto Hollande. Gli al Thani controllano la squadra di calcio del Psg e hanno comprato Ibrahimovic, la loro mossa più appariscente in termine di immagine, ma si sono dedicati soprattutto al mattone: sugli Champs Elysées sono proprietari dello showroom Citroën e del palazzo dell’ex Virgin Megastore. E poi gli alberghi Royal Monceau e Lambert a Parigi e il Carlton a Cannes, e partecipazioni in aziende strategiche per la Francia: Total (3%), Veolia (5%), Lagardère (12%), Vivendi (5%), Vinci (7%), Lvmh (1%)" [8].
Nel portafoglio del fondo qatariano figurano tra l’altro il 17 per cento di Volkswagen di cui il Qatar è il secondo azionista, assieme a quote rilevanti in Barclays e nel Crédit Suisse e così via, da quote in General Motors al Banco Santander ed al London Stock Exchange [9].
"Nulla, però, esprime la forza e le ambizioni del Paese, proprietario di al Jazeera, la rete più diffusa del mondo arabo, quanto la conquista dei Mondiali di calcio del 2022, che si terranno a Natale per volere dei petrodollari" (Ugo Bertone) [9].
Si dice preoccupato Stefano Boeri, l’architetto che ha disegnato il Bosco verticale di Porta Nuova: "Si tratta di un investimento di un governo straniero, questo implica riflessioni geopolitiche importanti. È un peccato che oggi in Europa non ci sia questa riflessione su investimenti certamente necessari, ma che avrebbero bisogno di clausole di trasparenza. E poi vedo un grande paradosso, che è anche un segnale di schizofrenia di questa città. Vendiamo a uno stato islamico un pezzo del nuovo centro, ma non sappiamo dare un luogo di culto ai cittadini milanesi di fede islamica" [10].
Bertone: "Non mancano infatti le ombre sull’emirato, a partire dal sostegno ai Fratelli Musulmani in Egitto, ai gruppi jihadisti in Mali e al fronte anti-Assad in Siria, comprese le frange più estreme. Dopo l’attentato a Charlie Hebdo sono cresciute, specie in Francia, le richieste di prender le distanze dal regime di Doha, vicino ai wahabiti" [9].
[**Video_box_2**]"Ci toccherà un futuro da colonizzati? Il Qatar è anche un emirato in cui vige un’interpretazione oscurantista della Sharia, la legge islamica, prodigo di finanziamenti ai Fratelli Musulmani, fin troppo attivo nella destabilizzazione del Medio Oriente e del Nordafrica che sta insanguinando l’intero bacino del Mediterraneo" (Lerner) [5].
Ancora più netto il giudizio di Gian Micalessin, secondo cui il Qatar "è l’ispiratore del fanatismo religioso perpetrato dallo Stato Islamico. E il mandante ideologico del rogo medievale con cui il Califfato ha punito il pilota giordano Muath al Kaseasbeh. Dopo quella spietata esecuzione qualcuno ricordò che il Corano e la legge islamica vietano di uccidere con il fuoco. Ma esistono le eccezioni. E una di queste s’appoggia su un parere consultivo (fatwa) preparato dagli esperti coranici dell’Emirato e pubblicato nel giugno 2009 sul Centro per la Fatwa, il sito internet di quell’Autorità per la Guidanza Religiosa e la Dawa che fa capo al Ministero degli Affari Islamici del Qatar" [11].
"A sollevare dubbi, fino a ieri, ci si beccava l’accusa di provincialismo: ma come, disprezzi la ritrovata capacità italiana di attrarre investimenti? Non ti fa piacere che succeda a Milano quel che fino a ieri succedeva solo a Londra e a Parigi? Solo che oggi il fenomeno ineluttabile della globalizzazione si intreccia con equilibri geopolitici resi fragili dalla guerra. Nel dramma provocato dall’espansione del sedicente Califfato le petromonarchie del Golfo sono divenute al tempo stesso nostri infidi alleati, restando apprendisti stregoni. La politica estera del governo italiano, di fronte a operazioni sul nostro patrimonio di tale entità, non può limitarsi a un semplice “benvenuti”. Quando vendi un pezzo di territorio, in gioco non è solo un’operazione finanziaria" (Lerner) [5].
Note (tutte dai giornali del 28/2): [1] Corinna De Cesare, Corriere della Sera; [2] Gianni Barbacetto, il Fatto Quotidiano; [3] Paola Dezza, Il Sole 24 Ore; [4] Sandra Riccio, La Stampa; [5] Gad Lerner, la Repubblica; [6] Francesco Colamartino, MilanoFinanza; [7] Giuliana De Vivo, il Giornale; [8] Stefano Montefiori, Corriere della Sera; [9] Ugo Bertone, Libero; [10] Oriana Liso, la Repubblica; [11] Gian Micalessin, il Giornale.
Apertura a cura di Luca D'Ammando
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