Vincenzo De Luca (foto LaPresse)

Perché andare contro la legge Severino

Redazione

Da Berlusconi a De Luca. Usi e abusi di una norma fuori dal mondo. Il codice prevede la pena della sospensione dai pubblici uffici, una pena accessoria che può essere comminata e diventa effettiva, com’è ovvio, all’esito del procedimento, in base al principio secondo cui si è innocenti fino a sentenza di condanna definitiva.

La vittoria squillante riportata da Vincenzo De Luca  nelle consultazioni primarie del Partito democratico per la scelta del candidato alla presidenza della Campania ha riacceso la polemica sulla legge Severino, che ancora una volta dimostra di essere un pasticcio indigeribile. Per stare dietro alle campagne scandalistiche, è stata adottata una norma stravagante che infligge pene improprie anche dopo la prima sentenza di condanna anche per reati assai mal configurati come l’abuso d’ufficio. Il codice prevede la pena della sospensione dai pubblici uffici, una pena accessoria che può essere comminata e diventa effettiva, com’è ovvio, all’esito del procedimento, in base al principio secondo cui si è innocenti fino a sentenza di condanna definitiva. Per i titolari di cariche nella pubblica amministrazione, invece, si è stabilito di comminare pene che comportano la decadenza dalle cariche indipendentemente dal fatto che la sentenza preveda o meno la sospensione. Vale appena il caso di ricordare che nel caso più celebre, quello che ha riguardato Silvio Berlusconi, se è vero che si è agito in  seguito  a una sentenza definitiva, la legge Severino è stata applicata a un reato commesso prima dell’entrata in vigore della legge, quindi violando il principio di non retroattività. Resta da capire perché mai il partito di Berlusconi abbia approvato a suo tempo questa legge, magari in base all’opinione di celebri avvocati che ritenevano che non potesse essere applicata al leader di Forza Italia, ma in ogni caso derogando dalla difesa dei più elementari principi di garantismo.

 

Già varie sentenze, come quelle che hanno interessato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e lo stesso De Luca, hanno reintegrato i sindaci dichiarati decaduti dopo una sentenza di primo grado, il che dovrebbe indurre a rivedere almeno questo aspetto evidentemente incostituzionale della legge. Ora l’opinione giustizialista, di fronte al sostegno popolare a un candidato colpito dalla legge Severino, invece di ragionare sull’esigenza di correggerla, vuole imporla anche alle consultazioni primarie dei partiti, strillando che De Luca non doveva essere candidabile. Perché? Al di là della natura speciosa del reato per cui è stato condannato, un errore nella forma della nomina di un consulente adottata in una fase di emergenza, De Luca è innocente fino a condanna definitiva, e non si capisce perché questo principio dovrebbe essere negato anche nelle consultazioni interne di un partito, che hanno carattere privato. L’aver seguito l’ondata giustizialista ha prodotto una pessima legge, che a sua volta inquina e deturpa la dialettica democratica assoggettandola a uno strapotere giudiziario, ma, per una volta, non per eccessi della magistratura ma per autolesionismo della politica.