C'era una volta il matrimonio
Con prova di unanimità meritevole davvero di miglior causa (398 sì, 28 no e 6 astenuti), la Camera dei deputati ha definitivamente approvato il cosiddetto “divorzio breve”: per ottenerlo è ora necessario un anno di separazione (invece dei tre stabiliti in precedenza dalla legge) se si procede per vie giudiziali, mentre basteranno appena sei mesi se la separazione è consensuale, senza alcuna differenza se ci sono figli o meno. La norma avrà effetto immediato, anche per i procedimenti già in corso. Il segretario della Lega per il divorzio breve, comprensibilmente esultante, si rammarica solo un po’ per il mancato ottenimento del divorzio senza separazione, che avrebbe dato luogo al “divorzio lampo”. Ma si rallegra, ha detto all’AdnKronos, per “un risultato importante che ci avvicina al resto dei paesi europei”. Certo. Sono gli stessi paesi che stanno sperimentando le conseguenze nefaste della fine sempre meno strisciante e sempre più caotica e destabilizzante del matrimonio e, quindi, della famiglia. Su quella poco desiderabile strada sono stati finalmente “messi al passo” anche gli italiani. Perché un bel passo avanti sulla strada della demolizione del matrimonio per sopraggiunta irrilevanza il Parlamento italiano ieri l’ha fatto.
A favore hanno votato Pd, Sel, M5s, Scelta civica, Psi e Alternativa libera, Forza Italia e Area popolare hanno fatto dichiarazione di voto per il sì, ma lasciando ai deputati libertà di voto, mentre la Lega nord ha semplicemente lasciato libertà di coscienza. Una mirabile coproduzione che ha visto inabissarsi le ragioni dei cattolici, ormai senza alcuna rappresentanza reale, ma soprattutto le ragioni laiche di difesa dell’istituto matrimoniale. Deprivato di ogni contenuto di stabilità, volatile e super solubile, il divorzio breve lo trasforma in un Pacs mascherato. Un anno fa, alla prima approvazione del provvedimento da parte della Camera, avevamo titolato “Fine della famiglia. Applausi”. Appunto.
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