Italicum e vecchi merletti

Redazione
Una delle critiche più insistite alla riforma elettorale in discussione alla Camera è la convinzione che essa produca un sistema politico incentrato su un solo grande partito abilitato a governare.

Una delle critiche più insistite alla riforma elettorale in discussione alla Camera è la convinzione che essa produca un sistema politico incentrato su un solo grande partito abilitato a governare, attorniato da formazioni minori tra le quali scegliere eventuali alleati, più o meno secondo lo schema dominante nella fase di più accentuata egemonia democristiana o in quella prefascista di egemonia liberale. Al di là dell’attendibilità o meno di questa prospettiva, sembra forzata l’idea, ieri esposta ampiamente da Giovanni Belardelli sul Corriere della Sera, che sia il sistema elettorale a forgiare, addirittura a determinare le evoluzioni del sistema politico. A parte il fatto che le due fasi di egemonismo monopartitico ricordate, quella democristiana e quella liberale, si sono realizzate con sistemi e persino basi elettorali assai diverse tra loro, basta guardare a come i sistemi politici mutino anche in paesi che non hanno affatto cambiato il loro meccanismo di attribuzione dei seggi.

 

Il caso più evidente è quello britannico, col sistema elettorale maggioritario di collegio che esiste da secoli, e che ora rende indispensabili governi di coalizione, dopo aver visto una serie di governi monopartitici, con eccezioni soltanto durante gli sforzi bellici. Lo stesso accadrà quasi sicuramente in Spagna, che dopo Franco ha avuto solo governi monopartitici e che dopo le elezioni di novembre dovrà necessariamente dar vita a una qualche coalizione di partiti. Il bipolarismo e ancor più il bipartitismo sono in discussione in tutta Europa, persino in Francia dove vige il doppio turno che ne sembra la garanzia più efficace. D’altra parte l’analisi di Belardelli si basa su una situazione specifica, la difficoltà che ora appare insormontabile a costituire o ricostituire una proposta di centrodestra competitiva, fenomeno che si è determinato in vigenza della legge elettorale precedente, e che nessuno può considerare necessariamente permanente. Inoltre, vale la pena di ricordarlo, le proposte di modifica della legge puntano a tutt’altro, cioè a estendere l’effetto di selezione dei parlamentari attraverso le preferenze, in modo da restaurare il primato delle correnti sul partito, proprio un fenomeno tipico della fase egemonica democristiana.

 

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