Così Israele ha fatto fiorire il deserto (pure all'Expo)
E’ ispirato a un verso dei Salmi il padiglione di Israele all’Expo. Sarà un omaggio allo stato ebraico come "start up nation" agricola ed ecologica, come dice il commissario Elazar Cohen. E’ la trasformazione di un territorio arido e inospitale in campi coltivati e la miracolosa riforestazione del territorio di Israele, l’unico paese al mondo che oggi ha più alberi di un secolo fa.
Un padiglione tutto dedicato alle tradizioni della "terra del latte e del miele", ma anche alle più avanzate tecnologie sostenibili in agricoltura e alimentazione. All’Expo ci sarà non Israele società militarista in stato di assedio che il mondo boicotta, ma il deserto che vive e che tutti dovrebbero ammirare, come i vini della Galilea con l’etichetta "terra dove si vive felici". I "miracoli", che all’Expo sono simbolizzati dal padiglione verde verticale che sfida ogni legge fisica, cominciarono già nel 1948.
Il terreno era distrutto, le infrastrutture inesistenti, le ricchezze naturali non ce n’erano. Allora gli israeliani fecero l’unica cosa giusta: assegnarono all’agricoltura la massima priorità. Così per esempio iniziarono a utilizzare gli alberi di eucalipto per asciugare le paludi, perché questi alberi avevano un grande consumo idrico. Israele lanciò l’idea di ottenere il più alto prodotto possibile per ogni singola goccia d’acqua.
[**Video_box_2**]Molte delle tecnologie esposte all’Expo vengono dal Negev, che con i suoi dodicimila chilometri quadrati occupa più di metà del territorio israeliano. E’ come se il Piemonte fosse sterile e vuoto a sud del Po. Il vero paradosso d’Israele, in mostra all’Expo, è quindi quello di aver scoperto le ricchezze più vitali nella più totale desolazione. Il Mar Morto, un sinistro lago nella depressione più profonda della Terra, è usato ad esempio per tutte le materie prime per produrre fertilizzanti.
Conquistare il deserto è per gli israeliani l’affermazione del proprio diritto al paese. Per questo il loro sarà un Expo diverso dagli altri.
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