Le frigide e la rivoluzione in farmacia
Le donne avranno presto il loro Viagra. Se il parere positivo espresso giovedì scorso dal comitato consultivo della “Food and Drug Administration” (Fda) verrà confermato dall’agenzia entro la scadenza del 18 agosto, per la fine dell’estate il Flibanserin potrebbe già essere nelle farmacie americane [1].
È una pillola di colore rosa che si prende prima di andare a letto. Agisce su alcune sostanze chimiche del cervello, come la serotonina e la dopamina, aiutando a curare una condizione chiamata “Hypoactive Sexual Desire Disorder”, ovvero la carenza di desiderio sessuale fra le donne. Stime (prudenziali) di mercato danno un giro d’affari di due miliardi di dollari l’anno [2].
Come il Viagra, che fu scoperto per caso nel 1996 durante la ricerca di un farmaco per il cuore, il Flibanserin è nato come un antidepressivo. La casa produttrice che lo aveva poi sviluppato come stimolante sessuale, la Boehringer Ingelheim, dopo la prima bocciatura venuta dalla Fda (2010) decise di rinunciare. Nel 2011 l’americana Sprout Pharmaceuticals ne comprò i diritti e raccolse 50 milioni di dollari per rilanciare l’iniziativa. Nel 2013 la Fda l’ha bocciato ancora, e a quel punto è cominciata una campagna politica per farle cambiare idea [2].
Più di tutti hanno fatto quelli della “Even the Score”, pareggiamo il conto, una specie di lobby formata da gruppi femministi, società mediche e aziende farmaceutiche, che in sostanza attribuivano lo stop alla commercializzazione del farmaco ai pregiudizi sessisti: «Il sesso è un diritto umano. Non è giusto che gli uomini abbiano a disposizione 25 farmaci oltre al Viagra e le donne nessuno». Dusi: «Strattonata prepotentemente per la giacca, (“Even the score” ha convinto 11 membri del Congresso e 83 medici a scrivere all’Fda per sponsorizzare la pillola rosa), l’autorità regolatoria ha deciso alla fine di riprendere in mano il dossier» [3].
E con 18 voti favorevoli e 6 contrari, dopo aver ascoltato decine di testimoni descrivere le loro tribolate vite sessuali, la commissione dell’Fda ha approvato il Flibanserin, a condizione che le istruzioni riportino i rischi per la salute e il farmaco sia prescritto da un medico. Ad agosto l’Autorità dovrà dare il suo imprimatur definitivo. Non è scontato che lo faccia, ma di solito l’Fda segue i pareri delle sue commissioni e il voto di giovedì notte è bastato perché “Even the score” cantasse vittoria: «È una data storica per la salute sessuale delle donne», ha esultato la direttrice Susan Scanlan [3].
L’altra faccia della medaglia sono gli effetti collaterali del Flibanserin. Agisce come un blando antidepressivo: va preso tutti i giorni e comincia a funzionare dopo alcune settimane. Può provocare sonnolenza, cali di pressione, svenimenti e nausea, soprattutto se accompagnato da alcol. E poi la sua sperimentazione, che per due anni ha coinvolto 1.200 donne, non ha dato risultati esplosivi. All’inizio del trial le volontarie avevano una media di 2,7 «episodi sessuali soddisfacenti» al mese. Al termine le donne che avevano usato il Viagra rosa erano salite a 4,4, ma anche quelle cui era toccato un placebo erano migliorate, arrivando a 3,7. In pratica il farmaco è capace di determinare un «evento sessualmente soddisfacente» al mese in più rispetto a quanto si possa ottenere con la somministrazione di uno zuccherino [4].
La pillola del desiderio al femminile era attesa sul mercato da almeno dodici anni. Dusi: «Un déjà vu già vissuto per cerotti o spray al testosterone (l’ormone maschile è il motore del piacere anche per le donne), creme agli estrogeni (la loro perdita con la menopausa riduce la lubrificazione), modulatori della dopamina e della serotonina (il primo neurotrasmettitore accende il desiderio, il secondo lo frena), inibitori della fosfodiesterasi (Viagra, Cialis e fratelli, che agiscono favorendo l’afflusso di sangue), ecc.». Ogni volta è stata annunciata con grande fanfara, e ogni volta ha fallito, accompagnata dal commento di rito: la sessualità delle donne è un mistero grande, troppo difficile da decifrare e tentare di manipolarla con l’ausilio di una formula chimica è un’impresa improba [5].
Nei manuali di psichiatria americani la carenza di desiderio sessuale fra le donne viene classificata con la sigla Hsdd (“Hypoactive Sexual Desire Disorder”). Per quanto riguarda la sua incidenza sono state suggerite le cifre più varie, tra il 5 e il 40 per cento, con la maggior parte delle stime che si attestano intorno al 10. Non è questione fisica, come lo è al 90% negli uomini, tanto che il Viagra agisce in maniera idraulica e meccanica sui vasi sanguigni. Le cause possono essere varie: la normale menopausa, gli interventi chirurgici che rimuovono le ovaie, l’uso di farmaci antidepressivi. Oppure le tensioni all’interno del rapporto con uomini distratti, frettolosi, incapaci. E poi i figli, il lavoro sempre più impegnativo, e tenere tutto assieme diventa quasi impossibile. Molti gli studi pubblicati, poche le certezze [6].
Ma se tutte queste motivazioni contengono una buona dose di verità e di ovvio, fra le donne che lamentano un desiderio opacizzato si insinua quasi subito un dubbio destabilizzante: la monogamia. L’antropologa femminista Camille Paglia: «La vita familiare ha messo i maschi borghesi in una situazione difficile; non sono altro che ingranaggi di una macchina domestica diretta dalle donne. Le mamme contemporanee sono virtuose supermanager di una complessa organizzazione incentrata sulla cura e il trasporto dei bambini. Ma non è così facile passare con uno schiocco di dita dal controllo apollineo all’estasi dionisiaca. I sessi, che un tempo occupavano mondi intrigantemente distinti, risentono dell’eccesso di conoscenza reciproca, la maledizione della quotidianità» [7].
Le donne sono quelle che soffrono di più la monotonia. Jori Brotto, psicologa alla University of British Columbia, spiega: «Il fattore che ritorna sempre nelle mie pazienti è la noia. Durante le lunghe convivenze nelle nostre teste, lo dico anche per esperienza personale, qualcosa si spegne. Molto più velocemente di quanto non avvenga nei maschi». Da qui la necessità di una medicina che agisca non solo sul corpo ma anche e soprattutto sul cervello [6].
[**Video_box_2**]Il discorso torna così su somiglianze e differenze del modo di vivere l’eros dei due sessi. Secondo il farmacologo olandese Adriaan Tuiten, che da anni cerca la formula della pillola rosa perfetta, il calo del desiderio è fisiologico in ogni coppia, a causa sia dell’abitudine sia del calo degli ormoni che avviene con l’età. Avendo però l’uomo una carica di desiderio normalmente più alta della donna, è quest’ultima a raggiungere per prima il livello di «allarme, sta per finire il carburante». Le alternative per sfuggire al destino della frigidità, secondo Tuiten, sono quella di trovare un nuovo partner che ricrei la magia di un rapporto fresco oppure di ingoiare una pillola. Che sui giornali americani è stata non a caso descritta come pillola «salva-matrimoni» [5].
Ma questi problemi di apatia sessuale riflettono una realtà medica o nascono piuttosto da ansie ipercarrieristiche o borghesi? Camille Paglia: «Negli anni Cinquanta, la frigidità femminile era attribuita al conformismo sociale e al puritanesimo religioso. Ma dopo la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, la società americana è diventata sempre più secolarizzata, con i mass media che trasudano sesso. Il vero colpevole viene dall’Ottocento, ed è la proprietà borghese. Quando la rispettabilità si trasformò nel valore centrale della classe media, censura e repressione diventarono la norma. La pruderie vittoriana mise fine alla scanzonata schiettezza sessuale (sia degli uomini che delle donne) dell’era agraria, una licenziosità raccontata dalle commedie di Shakespeare fino al romanzo inglese del Settecento. I pedanteschi anni Cinquanta, che cancellarono dalla memoria culturale le “flappers”, le ragazze emancipate dell’“Era del Jazz”, furono semplicemente un ritorno alla normalità. E ancora oggi le compagnie farmaceutiche non troveranno mai il Santo Graal di un viagra femminile, non in questa cultura proiettata e prosciugata da valori borghesi. Le inibizioni rimangono cocciutamente interiori. E la lussuria è qualcosa di troppo impetuoso per lasciarla al farmacista» [7].
Note: [1] Corriere della Sera 5/6/2015; [2] Paolo Mastrolilli, La Stampa 6/6/2015; [3] Elena Dusi, la Repubblica 6/6/2015; [4] Giuliana Proietti, Huffingtonpost.it 29/5/2015; [5] Elena Dusi, il Venerdì 26/7/2013; [6] Angelo Aquaro, la Repubblica 28/6/2010; [7] Camille Paglia, la Repubblica 28/6/2010.
Il Foglio sportivo - in corpore sano