Alcuni dei migranti ancora bloccati al confine tra Ventimiglia e Mentone (foto LaPresse)

Il silenziatore pericoloso

Redazione
Carlotta Sami, portavoce per il sud Europa dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ha paragonato il dramma degli immigrati e l’atteggiamento di più o meno rigida chiusura di molti governi europei e mondiali, allo sterminio degli ebrei.

Carlotta Sami, portavoce per il sud Europa dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ha paragonato il dramma degli immigrati – che proprio secondo l’Onu coinvolgerebbe in tutto il mondo 60 milioni di persone soltanto nella categoria “rifugiati” – e l’atteggiamento di più o meno rigida chiusura di molti governi europei e mondiali, allo sterminio degli ebrei sotto il nazismo e all’indifferenza di gran parte delle potenze alleate che pure combattevano Hitler. L’erede (nella carica) di Laura Boldrini non è stata la sola nelle ultime settimane ad accostare la Shoah alle migrazioni di massa dal sud del mondo: con toni diversi lo hanno fatto in Italia Emma Bonino, Gad Lerner e altri. Personalità e intelletti che su altri fronti magari la pensano all’opposto ma che qui sembrano avere trovato un pensiero comune, e dunque quasi mai contraddetto dai grandi media e dalle big tv, per condannare i muri costruiti o in costruzione nel tentativo, magari sbagliato, di regolare o respingere flussi altrimenti incontrollabili, ma anche le tragedie in mare. Tirare in ballo la Shoah è comunque un errore storico e morale, questo sì drammatico; è un’insopportabile mistificazione dell’esistente e una banale scorciatoia per chiudere la bocca a chi, su clandestini e rifugiati, ha una legittima e differente opinione, e anche una legittima e differente soluzione (visto che le autorità una soluzione organica non l’hanno proposta).

 

E’ perfino imbarazzante ricordarlo. Lo sterminio pianificato degli ebrei, con i mezzi che sappiamo, come altri genocidi attuati nella storia, non ha nulla a che vedere con ciò che vediamo nel Canale di Sicilia, in centro America, in oriente, e sulle contromisure prese a Ventimiglia, nel Marocco spagnolo, in Ungheria, in Australia, negli Stati Uniti. Quello sterminio non è neppure assimilabile al razzismo, che pure ne fu una componente; per razzismo intendiamo, per come lo vediamo nelle democrazie contemporanee, quello nel tessuto sociale dell’Alabama e quello nella pazzia individuale in South Carolina. Strumentalizzare la Shoah come argomento definitivo e liquidatorio, arma assoluta per chiudere la bocca a coloro che di fronte a questo grande ed epocale rompicapo ha punti di vista non conformi al pensiero unico, è un’intollerabile violenza intellettuale. Un razzismo, questo sì, mentale. Diciamolo pure: una vergogna.