E che bisogno c'è di fare un processo. Bossetti è già colpevole, non lo sapete?
L’assassinio di Yara Gambirasio, una ragazzina di 13 anni, nel novembre 2010, ha suscitato emozione comprensibile nell’opinione pubblica, con conseguente concentrazione straordinaria di interventi sui mezzi di informazione, soprattutto quelli televisivi. L’ansia di assicurare alla giustizia il responsabile di questo crimine odioso si è trasformata in una sorta di linciaggio del muratore che è oggi imputato nel processo che si è appena aperto a Bergamo. Per Massimo Bossetti non esiste presunzione di innocenza, la sua condanna è già stata emessa da decine e decine di talk-show, anche se il procedimento a suo carico è di quelli esclusivamente indiziari. Dovrebbe essere il dibattimento a stabilire se la concordanza degli indizi è tale da convincere la giuria che il reato è provato al di là do ogni ragionevole dubbio. Nessuno mette in dubbio il diritto di cronaca e neppure quello di prendere posizione sulle vicende giudiziaria, ma in questo caso si è creato un clima che ha l’effetto di rendere impopolare e inaccettabile una eventuale sentenza di assoluzione, e questo sollecita qualche interrogativo.
Il meccanismo mediatico-giudiziario, che ha già provocato tanti danni nell’ambito politico, sembra estendersi senza freni anche alle vicende e alle tragedie della cronaca criminale. Sbattere il mostro in prima pagina, o come sarebbe meglio dire oggi in prima serata, è un metodo che fu censurato a suo tempo dall’opinione democratica, quando era ancora intrisa di garantismo. Ora quei freni inibitori sono scomparsi e quelle stesse testate che, per esempio, si scandalizzarono per la criminalizzazione preventiva di Pietro Valpreda per la strage di piazza Fontana, oggi non si peritano di massacrare un imputato che non riesce neppure a capire in che razza di girone infernale ha finito per cadere. Naturalmente anche un innocentismo pregiudiziale avrebbe gli stessi difetti della posizione opposta, ma quello che impressiona è l’unanimismo della condanna mediatica, che ricorda le immagini stereotipate delle tricoteuses che assistevano con passione alle prodezze della ghigliottina durante il Terrore giacobino. Riuscirà la corte di Bergamo a giudicare con equilibrio e razionalità esaminando solo gli indizi? C’è da sperarlo ma purtroppo senza troppa convinzione.
Il Foglio sportivo - in corpore sano