Nozze gay? Non ce lo chiede l'Europa
La Corte europea dei diritti dell’uomo condanna l’Italia a pagare una multa irrisoria a tre coppie omosessuali che non avevano ottenuto dal comune la possibilità di fare le pubblicazioni in vista di un matrimonio. Intromissione indebita (e senza conseguenze vincolanti) su un tema che andrebbe discusso senza anatemi.
La Corte europea dei diritti dell’uomo (che non è un organismo dell’Unione europea ma del Consiglio d’Europa) ha condannato l’Italia a pagare una multa irrisoria a tre coppie omosessuali che non avevano ottenuto dai comuni di residenza la possibilità di fare le pubblicazioni in vista di un matrimonio, che com’è noto in Italia è riservato a coppie di diverso sesso. L’argomento adottato dalla Corte è piuttosto singolare: siccome 24 dei 47 stati aderenti al Consiglio d’Europa hanno adottato normative che consentono la registrazione delle unioni tra persone dello stesso sesso, la legislazione vigente negli altri 23 stati viene considerata contraria al “diritto al rispetto della vita familiare e privata”.
In base a questo ragionamento capzioso, quando erano invece in maggioranza i paesi che non riconoscevano le unioni omosessuali si sarebbero dovute considerare violazioni dei diritti umani la scelta di riconoscerle? Indipendentemente da quel che si pensa sul merito della questione, cioè sull’opportunità di trovare forme di riconoscimento giuridico delle unioni tra persone dello stesso sesso, quella che sembra del tutto inaccettabile è l’idea che sia la magistratura, nazionale o sovranazionale, a dettare la legislazione. La sovranità popolare, che si può esprimere attraverso le rappresentanze parlamentari elettive o direttamente attraverso il ricorso al referendum, è l’unica titolare del potere legislativo in un regime democratico. La giurisdizione deve garantire l’osservanza delle leggi esistenti, non surrogare la potestà legislativa attraverso interpretazioni forzate dei diritti indisponibili.
[**Video_box_2**]Non si tratta di una battaglia tra destra e sinistra: nel caso specifico a chiedere e ottenere la sentenza di Strasburgo è stata un’associazione di gay liberali, il consenso e l’opposizione a una normativa italiana sulle unioni omosessuali sono trasversali, com’è giusto che sia in una materia che registra sensibilità specifiche piuttosto che orientamenti politici e sociali. Se si potesse, sarebbe bene far decidere direttamente il popolo, ma in Italia il referendum è solo abrogativo (quello confermativo è riservato alle riforme della Costituzione). In ogni caso è bene che il dibattito si svolga liberamente nelle sedi legislative senza vincoli di partito e senza l’ossessione peraltro infondata di quel che “ci chiede l’Europa”. Le mozioni approvate dal Parlamento europeo e le sentenze della Corte di Strasburgo sono in sostanza intromissioni indebite e tentativi di limitare e condizionare “dall’alto” l’esercizio del potere legislativo da parte di chi ne ha il mandato elettorale.
L’Europa che non sa gestire in modo omogeneo le questioni monetarie non può certo arrogarsi il potere di omologare le legislazioni su temi sensibili, che debbono essere affrontati in base al duplice e convergente principio della sovranità popolare e nazionale.
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