Il veto lgbt sul gay pride "islamofobo"
Giovedì a Fallujah, in Iraq, alcuni omosessuali sono stati fatti salire in cima a un edificio. Bendati e ignari, i gay sono stati poi gettati dal palazzo dai carnefici del Califfo al Baghdadi. Per quelli che non sono morti all’istante, sono arrivate per finirli le sassate dalla folla che deve dimostrare allo Stato islamico di essere virtuosa. Immagine ormai familiare dalle terre dell’islam.
Il prossimo 29 luglio a Stoccolma, da dove sono partiti tanti islamisti andati a combattere con il Califfo, si terrà uno speciale Gay pride. Che non sia la volta buona che gli efebici militanti Lgbt condannino i crimini nell’islam come non hanno mai fatto finora? No. Hanno deciso di protestare con gli incauti organizzatori della parata, la destra liberale nazionalista. Il motivo? La presenza di cittadini di fede islamica nei quartieri dove passerà la marcia, pezzi di democrazia sottratta al multiculturalismo. Sono gli stessi militanti che si vantano a organizzare gay pride a Gerusalemme, perché a protestare lì sono gli ebrei religiosi e al massimo il corteo arcobaleno rischia un impropero biblico. A indire la parata svedese è stato Jan Sjunnesson, ex direttore del giornale conservatore Samtiden. La pagina Facebook dell’evento è inondata di insulti contro gli “xenofobi”, mentre la sinistra antirazzista e benpensante ha persino deciso di organizzare una contromarcia. Chiedono addirittura una multa o l’incarcerazione per gli organizzatori, presunti colpevoli di “hate speech” alla volta dei residenti di fede islamica. A scandalizzarsi è stata anche l’Rfsl, una organizzazione gay finanziata dal generoso welfare svedese. Così, quando il corteo gay passerà nei quartieri “sensibili”, se qualche islamico decidesse di protestare e magari tirare sassi e maledizioni (come accaduto negli scorsi anni a Copenaghen, in Danimarca), si ritroverebbe alleato con il mainstream omofilo. Sharia e Lgbt assieme.
[**Video_box_2**]La controversia attorno a questa marcia indica le falle nella piattaforma libertaria e desiderante della nostra platea occidentale, insinua il dubbio che la gay culture non possa essere l’unico scudo occidentale di fronte all’avanzata dell’islam politico. Sarebbe una battaglia già persa in partenza. Per quanto riguarda gli omosessuali nel mondo islamico, beh quelli sono lasciati liberi di poter dimostrare di saper spiccare il volo dai palazzi di Mosul.
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