Concorso esterno in invasione di campo
Ritorna d’attualità la sentenza della corte di Strasburgo che nell’aprile scorso ha riconosciuto a Bruno Contrada un risarcimento perché l’applicazione al suo caso del reato di concorso esterno in associazione mafiosa nasceva da un mutamento del diritto di natura giurisprudenziale “sfavorevole e imprevedibile per l’imputato all’epoca dei fatti addebitatigli”. Il carattere giurisprudenziale del reato nasce dal fatto che non esiste una legge specifica che indica la condotta di concorso esterno in associazione mafiosa come reato specifico, ma solo l’estensione a un reato associativo di una fattispecie anch’essa associativa, per decisione dei tribunali e non in forza della legge. Ora la Corte di Cassazione cerca di annullare l’effetto dirompente di questa sentenza di Strasburgo, sostenendo che il carattere giurisdizionale del reato (ammesso dalla parte italiana nella discussione di quel procedimento) sarebbe invece normativo. Però, siccome la norma non esiste, si arrampica sui muri sostenendo che questo “scaturisce dalla combinazione della norma incriminatrice e la disposizione generale in tema di concorso eventuale”.
Insomma sostiene che siccome la stessa Corte ha applicato, in varie sentenze e quindi in via giurisprudenziale, il concorso esterno a un reato associativo, questo costituirebbe una norma. Ma le norme, cioè le leggi, le fa il Parlamento, piaccia o non piaccia ai giudici di Cassazione, non i tribunali, anche se di livello elevatissimo. Strasburgo, meno sensibile alle pressioni mediatiche e al clima giustizialistico, ha messo a nudo la fragilità di un castello giuridico dalle fondamenta inesistenti, sarebbe bene che ora anche in Italia si accettasse l’evidenza di un assurdo giuridico che nasce da un’invasione indebita del campo legislativo da parte della magistratura.
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