Lezioni spagnole per la Cei
Anche in Spagna si è celebrata la giornata del rifugiato del 2015, ma l’episcopato locale ha adottato uno stile del tutto diverso da quello del segretario della Cei. Nel messaggio della conferenza episcopale spagnola si cita doverosamente l’appello di Papa Francesco “alla globalizzazione del fenomeno migratorio si deve rispondere con la globalizzazione della carità e della cooperazione”, ma si interpreta questo concetto sostenendo che “questo implica intensificare gli sforzi per creare condizioni di vita più umane nei paesi d’origine e una graduale diminuzione delle cause che sono all’origine del fenomeno migratorio”. Naturalmente la chiesa spagnola non fa testo, come d’altronde quella italiana, ma è significativo che il messaggio universale e umanitario del Pontefice possa essere interpretato in modo tanto diversi, compreso quello che viene da Madrid e che paradossalmente assomiglia un po’ alle indicazioni espresse in modo più rudimentale da Matteo Salvini, uno dei “piazzisti da quattro soldi” presi di mira da monsignor Nunzio Galantino.
La chiesa spagnola, che ha sempre avuto un atteggiamento aperto verso l’immigrazione, è stata ripagata dalla pretesa islamica di requisire chiese, anche storicamente rilevanti, come la cattedrale di Cordova, per restituirle al precedente rito musulmano (che a sua volta aveva soppiantato quello cristiano). L’integrazione senza condizioni e senza limiti che è stata sperimentata in Spagna ha prodotto frutti avvelenati e di questo, seppure con cautela, l’episcopato spagnolo tiene conto. Naturalmente questo atteggiamento è stato criticato come “crociato” dalle associazioni paraislamiche e dai laicisti più estremi, ma questa sembra una buona ragione per valutarlo positivamente.
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