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I precari e i deportati, un caso di scuola

Redazione
Ci saranno ancora i supplenti. Ci saranno professori di materie della stessa area, ma non per forza della materia che servirebbe. Le assunzioni, le graduatorie, le fasi A B C e l’algoritmo: bignami per comprendere il complicatissimo problema degli insegnanti

Ci saranno ancora i supplenti. Ci saranno professori di materie della stessa area, ma non per forza della materia che servirebbe. Un neoassunto su cinque dovrà insegnare in una regione diversa da quella dove risiede ora, la metà partirà dal Sud per trasferirsi al Nord. Ma 102.734 precari firmeranno un contratto a tempo indeterminato. Ci saranno poi le proteste, assemblee, raccolte firme, ricorsi. Quello che è certo è che il primo settembre 2015 la «Buona scuola» di Matteo Renzi e Stefania Giannini arriverà in classe.

Claudia Voltattorini, Corriere della Sera 19/8

 

Tentando di riassumere in poche righe la complicatissima questione dell’assunzione dei professori, si può iniziare così: la riforma della scuola approvata il 15 luglio scorso prevede 102.734 assunzioni a tempo indeterminato, da effettuare in quattro fasi. Di questi 102.734 posti, 29mila sono in realtà di sostituzione di colleghi che sono andati in pensione, 55.258 sono nuovi posti di lavoro, detti di «potenziamento», a cui si vanno a sommare i posti vacanti negli organici dei singoli istituti.

Corrado Zunino, la Repubblica 15/8



Ora, la Fase Zero prevede l’immissione in ruolo di 36.627 docenti, di cui 21.880 per posti comuni e 14.747 per il sostegno, seguendo le regole e le graduatorie degli anni passati. La Fase A serve a coprire 10.849 posti comuni e di sostegno vacanti e disponibili per i precari iscritti nelle graduatorie a esaurimento (dette gae) e nelle graduatorie del concorso 2012, con l’esclusione della scuola materna. Le Fasi B e C invece assegnano i posti avanzati dalla Fase A e quelli del «potenziamento» (che sono, ripetiamo, 55.258) e, citando il Ministero, «sono ripartiti fra le classi di concorso in base al fabbisogno di docenti». Vuol dire che le scuole comunicano il proprio fabbisogno (dal 21 settembre al 5 ottobre), gli uffici scolastici verificano le richieste e l’aspirante docente finisce nella prima provincia «nella quale siano disponibili posti di potenziamento per l’insegnamento in cui concorre».

Corrado Zunino, la Repubblica 15/8

 

Per partecipare all’assegnazione delle cattedre previste dalle fasi B e C i professori precari dovevano presentare domanda online entro il 14 agosto scorso. Si doveva esprimere la propria priorità sulle province dove si voleva lavorare e poi aspettare che l’algoritmo ministeriale, combinando preferenze ed esigenze territoriali, assegnasse la sede. L’hanno fatto 71.643, ovvero l’80% degli aventi diritto.

Valentina Santarpia, Corriere della Sera 15/8



Il problema principale nasce perché la maggior parte dei precari da assumere vive al Sud, mentre gli insegnanti servono di più al Nord. Sono Sicilia, con 11.864 domande, Campania (11.142), Lazio (7.125), Puglia (6.040), Calabria (4.314) le regioni da cui proviene la fetta più consistente di docenti pronti a occupare una cattedra. Secondo il sindacato Anief, specializzato in ricorsi del personale scolastico, di questi 71.643 che hanno fatto domanda, «uno su cinque sarà assunto in una regione diversa da quella scelta», e dovranno trasferirsi dal Sud al Nord circa 15mila persone.

Valentina Santarpia, Corriere della Sera 15/8

 

Corrado Zunino: «La parola “deportazione” corre sui social dalla seconda metà di luglio, da quando il ministero dell’Istruzione ha reso pubblico il piano di assunzioni per i 102.734 docenti precari. La Cisl scuola e i Cobas l’hanno usata in piena libertà e c’è chi — opponendosi alla consegna del modulo online, rifiutando quindi l’assunzione per il prossimo anno scolastico — ci ha battezzato siti di successo. “Basta precarietà, no alla deportazione” è il più gettonato».

Corrado Zunino, la Repubblica 18/8



Pietro Piovani: «La geografia della scuola italiana è così, da sempre. E il motivo è ben noto: al Sud la scuola offre un’occasione per uscire dall’incubo della disoccupazione, e l’opportunità di uno stipendio che nelle aree meno floride del Paese ha un discreto valore, mentre in quelle più ricche è poco più che una miseria. Uno studio condotto un paio d’anni fa dagli economisti Tito Boeri (ora divenuto presidente dell’Inps), Andrea Ichino ed Enrico Moretti ha calcolato che un insegnante di Milano ha un potere d’acquisto inferiore del 32% rispetto a un suo collega di Ragusa, pur ricevendo la stessa busta paga. Al Nord perciò l’offerta di forza lavoro docente latita, mentre cresce la domanda di istruzione, cioè il numero degli alunni: nelle regioni dove c’è più occupazione l’aumento dei residenti stranieri, immigrati extracomunitari mediamente giovani e quindi con figli piccoli, compensa il calo demografico degli italiani e fa salire la popolazione in età scolastica».

Pietro Piovani, Il Messaggero 20/8

 

Per far capire meglio, in Lombardia gli studenti sono circa un milione e 200mila, in Sicilia meno di 800mila, in Sardegna appena 200mila.

Pietro Piovani, Il Messaggero 20/8



Martedì scorso, una Marcella Raiola, 44 anni, insegnante di latino e greco nei licei di Napoli, precaria da 13 anni, ha scritto una lettera a Repubblica per difendere chi, come lei, ha rifiutato il posto fisso offerto dalla Buona scuola. «“Deportare” è una parola forte, è vero, ma è affiorata spontaneamente alle labbra di lavoratori precari da dieci o addirittura venti anni, con alle spalle peregrinazioni in varie regioni e grandi sacrifici, sia per l’aggiornamento (a carico nostro) che per la maturazione di un punteggio che ora viene azzerato e vanificato. Quale lavoratore, dopo 15/20 anni di precariato, accetterebbe che un computer stabilisse dove deve andare a sopravvivere con mille euro al mese, andando a svolgere, per di più, mansioni ad oggi non definite e sicuramente diverse da quelle per cui ha studiato e lavorato?»

la Repubblica 18/8



Corrado Zunino: «L’insegnante riluttante che oggi rifiuta il posto a tempo indeterminato – uno su cinque ha detto subito il ministero dell’Istruzione – ha lottato per tutto il 2015, da marzo a oggi, contro “La buona scuola” e in piena estate, nel momento in cui si decide il suo destino – assunto ma forse lontano, ancora precario nelle aule che conosce ma con la possibilità di uscire definitivamente dalla scuola italiana –, il paese non solidarizza con lui».

Corrado Zunino, la Repubblica 18/8



Marco Lodoli, scrittore e insegnante di italiano in un liceo romano: «Quando si è ragazzi, la vita chiama altrove e l’altrove è sempre più interessante e seducente del tinello di casa. Ma quando si è arrivati a quaranta, a cinquanta anni, le cose cambiano. Non sono solo le abitudini a legarci al luogo dove si vive da sempre, sono gli impegni a pesare come ancore incastrate nel fondo dell’esistenza. A cinquant’anni si hanno figli da seguire, matrimoni da proteggere, vecchi genitori da accudire: è una lunga e implacabile serie di doveri che impedisce di mettere tre magliette e due libri in uno zaino e alzare le vele. Meglio precari a casa propria che occupati a mille chilometri. Non credo, dunque, che ci sia un problema ideologico, sono solo i vincoli che la vita ha stretto attorno a sé».

Marco Lodoli, la Repubblica 19/8



Altro problema: gli esclusi da questa infornata di assunzioni, rimasti precari. Parliamo di: ventitremila maestre della scuola materna (saranno stabilizzate quando si attuerà una delle deleghe della legge stessa, la riforma che dovrebbe unificare asili nido e materne); dai venti ai trentamila supplenti annuali; le migliaia di abilitati entrati in graduatoria fuori tempo massimo per mano del giudice; le decine di migliaia di iscritti alle liste d’attesa d’istituto (si tratta di laureati, quasi sempre abilitati da Tfa, Ssis, Pas e le varie sigle che man mano hanno fatto da illusoria porta d’accesso all’insegnamento)

Roberta Carlini, Internazionale.it 21/8



C’è poi il problema della mancanza di professori per alcune materie, che rimarranno scoperte. O quelli per i laboratori (insegnamento che invece la «Buona scuola» intende rafforzare e ampliare sempre di più).

Claudia Voltattorini, Corriere della Sera 19/8



Ottavio Fattorini, da tre anni preside del liceo scientifico Labriola di Ostia: «Il sistema informatico del Miur che assegna le cattedre può creare qualche disagio, perché ad esempio sceglie l’ambito disciplinare senza specificare la materia: io potrei trovarmi un prof di geografia astronomica che insegna matematica».

Claudia Voltattorini, Corriere della Sera 19/8



In realtà, oltre alla protesta dei “deportati”, c’è un problema di numeri che costringerà il ministero a ricorrere ancora a molti precari. Spulciando le domande presentate dai prof entro il 14 agosto, Gianna Fregonara ha scoperto che i conti non tornano: «Delle 70mila ricevute, tra le 10 e le 14mila sono state spedite da insegnanti delle scuole dell’infanzia, che sono nelle graduatorie ad esaurimento ma sono esclusi da questa stabilizzazione. Si aggiunga che altri 16mila insegnanti dovranno essere utilizzati per coprire le cattedre del turnover che sono rimaste vuote. Non ce ne sono abbastanza per coprire tutti i 55mila posti creati per il cosiddetto organico potenziato (insegnanti che coprono le supplenze brevi, che si occupano dei progetti aggiuntivi, dei laboratori e delle attività che dovrebbero rendere più moderna la scuola). Porte aperte dunque per altri 10-15 mila supplenti annuali.

Gianna Fregonara, Corriere della Sera 21/8



E a conferma della sopravvivenza dei supplenti, che questa riforma della scuola voleva eliminare, la scorsa settimana è arrivata una circolare del ministero dell’Istruzione in cui si dice che i docenti che nei prossimi giorni riusciranno ad ottenere una supplenza annuale dall’ufficio regionale potranno accettare la cattedra e l’assunzione a tempo indeterminato come previsto dalla riforma ma potranno optare allo stesso tempo per la supplenza annuale. Chi andrà al loro posto nella cattedra che è stata loro assegnata dal piano di assunzioni? Un altro supplente annuale. Quanti saranno gli insegnanti che riusciranno a restare vicino a casa ancora non si sa.

Gianna Fregonara, Corriere della Sera 21/8

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