Così arrestano la libertà in Kentucky
Un giudice federale ha condannato al carcere Kim Davis, l’inserviente del tribunale della contea del Kentucky che si è rifiutata di emettere certificati di matrimonio a due coppie gay in nome della libertà di coscienza e di credo. “Il tribunale non può giustificare la disobbedienza volontaria a un suo ordine legittimamente emesso”, ha detto il giudice, aggiungendo che la donna verrà rilasciata solo quando accetterà di sottoscrivere le licenze matrimoniali anche agli omosessuali. Kim Davis è pronta a una battaglia legale che potrebbe trasformarla in una paladina della libertà religiosa – e persino gli attivisti dei movimenti lgbt che la criticavano non erano arrivati a chiedere il carcere.
La decisione del giudice è destinata a far discutere a lungo, perché palesa le conseguenze concrete dell’ondata giurisprudenziale contro la libertà religiosa in America, culminata con le conseguenze della sentenza della Corte suprema sui matrimoni gay, generando un cortocircuito grottesco nel paese delle libertà. La richiesta di abiura delle proprie convinzioni per ottenere in cambio la libertà ricorda più certi tribunali dell’Inquisizione che non quelli di un paese in cui lo stato di diritto è garantito. Kim Davis ha violato la legge, se fosse stata multata o allontanata dal posto di lavoro si sarebbe potuto capire. Ma pagare con il carcere le proprie idee religiose nel paese che le tutela in Costituzione è un pericoloso controsenso.
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