L'umanitarismo dimezzato
Nel mondo occidentale si aprono spiragli per un dibattito non ideologico o moralistico sulla gestione dei flussi migratori che investono l’Europa. In Italia siamo fermi alla perenne e sterile tenzone televisiva tra Matteo Salvini e Laura Boldrini, perciò sarà bene dare conto di quest’altro dibattito. Il quotidiano americano Wall Street Journal, per esempio, commentando la scelta di fine agosto della cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha aperto le porte ai rifugiati siriani, scrive che quella scelta “ha funzionato, ma troppo bene. La percepita apertura tedesca sta incoraggiando molti altri in medio oriente a compiere viaggi rischiosi, via mare o terra, verso l’Europa. L’iniziale ondata di entusiasmo umanitario in Germania ha quindi ceduto il posto alla realizzazione del fatto che il paese non potrà fare fronte a tempo indeterminato a un numero illimitato di immigrati disperati dal medio oriente e dall’Africa”. Conclusione: “Queste misure di gestione delle frontiere ricordano a tutti che c’è molto di ammirevole negli impulsi umanitari europei, ma che questi impulsi da soli non fermeranno l’esodo. Se l’Europa vuole risolvere questa crisi, il posto da cui iniziare è il medio oriente stesso”. Un’allusione all’incomparabile violenza da scatenare contro lo Stato islamico, altrimenti l’accoglienza diventa una farsa.
In vista del vertice tra i capi di governo della prossima settimana, l’inglese Telegraph aggiunge: “I confini interni stanno rinascendo in tutta Europa, allo stesso momento in cui gli ungheresi vengono additati per aver creato un confine esterno. Ma incolpare gli ungheresi, o anche gli inglesi per il loro rifiuto di partecipare al sistema obbligatorio di ripartizione di rifugiati – è semplicemente fumo negli occhi, di fronte a un fallimento istituzionale di portata storica”. Ben detto, si traduca.
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