L'Europa e la privacy degli ipocriti
La sentenza della corte di giustizia della Commissione europea, che nega validità all’accordo stipulato tra Europa e America sulla privacy, è stata commentata con entusiasmo dalla gran parte degli osservatori, che vi vedono la moderna ripetizione della vittoriosa sfida di Davide contro Golia. In realtà, la decisione dei giudici, che rimanda alle legislazioni nazionali la difesa della privacy dei dati personali legati all’utilizzo degli strumenti informatici, esprime una sostanziale incapacità di intendere il valore dell’innovazione tecnologica e la pretesa di incasellare in obsolete normative nazionali un fenomeno globale. Inoltre il sostegno dato, nemmeno tento indirettamente, alle polemiche contro il sistema americano di controllo a strascico a fini antiterroristici, proprio in una fase in cui il pericolo del fanatismo islamico si fa sempre più preoccupante, è intempestivo e irrazionale.
Eppure, questa alzata d’ingegno dei parrucconi di Lussemburgo è stata celebrata come una vittoria della sensibilità europea per i diritti individuali contro la ingerenza indebita della Agenzia per la sicurezza nazionale americana. Fa specie che a distinguersi in questa esaltazione della difesa della riservatezza siano organi di stampa che sono dediti alla sistematica propalazione di intercettazioni, comprese quelle irrilevanti ai fini dei procedimenti penali. Il flusso di dati transatlantico è uno strumento essenziale di comunicazione e anche di attività economiche, i controlli a strascico a fini di sicurezza li fanno anche i paesi europei, il diritto alla riservatezza viene violato sistematicamente da chi ora plaude a una sentenza che una volta si sarebbe chiamata oscurantista.
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