Pensiero unico ambientalista
Che Barack Obama, per tramite del dipartimento di stato, avrebbe infine impedito la costruzione dell’oleodotto che congiunge i giacimenti del Canada alle raffinerie del Golfo del Messico era noto. Si trattava soltanto di trovare il momento politicamente più conveniente per capitalizzare la decisione. L’Amministrazione ha rimandato il funerale del progetto, moltiplicando commissioni di revisione in modo grottesco, quando le iniziative contro la crescita energetica erano viste di traverso e il presidente aveva bisogno dei voti per la rielezione. Poi ha congelato tutto aspettando l’allineamento favorevole degli astri, arrivato proprio all’intersezione fra il crollo del prezzo del petrolio e il soffio potente dello spirito della Conferenza sul clima di Parigi, correttissimo evento benedetto da Papa Francesco e inseguito anche dalle multinazionali dell’energia in cerca di una nuova verginità.
La compagnia TransCanada, titolare del progetto, aveva giusto chiesto qualche giorno fa la sospensione della revisione del governo, un modo per cercare di prendere tempo per vedere chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca, ma l’Amministrazione ha prontamente rifiutato: Keystone “non serve il nostro interesse nazionale”, ha detto Obama, enfatizzando gli effetti negativi sul clima e nascondendo quelli benefici sull’economia. “Se vogliamo prevenire i peggiori effetti dei cambiamenti climatici, il momento di agire è adesso”, ha detto, proprio nel giorno in cui la procura di New York ha annunciato un’inchiesta contro Exxon, sospettata di avere comunicato agli investitori una versione scientifica sui cambiamenti climatici non in linea con quella dominante. Una formula inquisitoria inedita che postula l’inganno doloso per chi non si conforma al consenso scientifico approvato dalle conferenze onusiane. Così, per dare il contentino alla ramificata lobby verde, il petrolio continuerà a viaggiare su gomma dal Canada al Golfo.
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