Chi di ideologia ferisce di ideologia perisce
La politica internazionale, che è stata sostanzialmente assente dalle preoccupazioni degli italiani, ritorna ad assumere un peso determinante in seguito alla strage di Parigi e all’aggressione del Califfato islamista. Che effetto avrà questa nuova situazione nell’orientamento politico e nella percezione delle formazioni politiche nazionali? Matteo Renzi ha il vantaggio di un rafforzamento delle esigenze di governabilità e può sfruttare la visibilità che gli deriva dalla partecipazione diretta ai vertici internazionali. Si tratta però di un vantaggio a doppio taglio: al governo si chiederà poi conto delle azioni intraprese o dell’inazione, e siccome è difficile ottenere in breve tempo risultati soddisfacenti, si rischia di pagare poi il prezzo della delusione. Beppe Grillo nell’immediato pagherà il prezzo dell’evidente inconsistenza delle fanfaluche complottiste e della scarsa attendibilità come leader di un paese che deve reggere un conflitto. Tuttavia il Movimento 5 stelle può contare sull’onda lunga del pacifismo indiscriminato e della propensione ad attribuire la responsabilità di qualsiasi guaio all’imperialismo occidentale.
Persino la campagna contro la celebrazione del Giubileo, specialmente se si dovessero verificare incidenti o anche solo problemi di funzionamento, alla fine potrebbe fargli comodo. Il centrodestra può sottolineare la precoce scelta politica di un sistema di alleanze che comprenda la Russia, ora accettata da tutti seppure con ritardo e con riserve, nel versante berlusconiano, e la campagna contro i rischi delle infiltrazioni degli estremisti islamici nel versante leghista. Per tutti però vale soprattutto il modo in cui sapranno affrontare la situazione attuale più che la memoria delle posizioni passate. In politica nessuno vive di rendite ereditarie e in particolare questo vale quando c’è da fronteggiare una situazione eccezionale. Il governo dovrà dimostrare di saper unire un fronte ampio a sostegno di azioni specifiche, non solo di generiche confluenze nella condanna del terrore. Le opposizioni saranno valutate anche per le critiche all’azione o all’inazione del governo, ma a patto che sappiano far prevalere lo spirito costruttivo e non strumentale delle loro posizioni. Chi sembra invece del tutto tagliata fuori è l’estrema sinistra italiana che per la sua sudditanza a schemi ideologici stantii si rifugia in una specie di limbo retrospettivo del dover essere che non appassionerà nessuno. Le altre formazioni in ogni caso sono più o meno connesse alle posizioni delle centrali europee, persino la Lega che è in sintonia con la prudenza che ha indotto il Front national a non contrapporsi all’appello unitario di François Hollande. A sinistra in realtà ci sono novità che vengono dall’astro nascente dell’estremismo: Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha arruolato come candidato indipendente per Saragozza l’ex capo di stato maggiore della Difesa spagnola, il generale José Julio Rodríguez, e anche in seguito a questa scelta ha abbandonato l’antica richiesta di uscire dalla Nato e ha ora avanzato una proposta in sette punti al governo per cercare di accodarsi in qualche modo all’unità nazionale che si sta stringendo in Spagna contro il jihadismo, seppure con qualche riserva per non apparire come un aderente tardivo. Anche questo episodio sottolinea il fatto che l’irruzione dei temi della sicurezza e della politica internazionale cambiano i paradigmi politici precedenti, almeno per chi intende avanzare proposte politiche aggiornate e non ripetere solo vecchi schemi obsoleti.
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