Meglio tardi che quando
Le femministe di Se non ora quando nell’ultimo decennio si sono occupate solo della moralità delle Olgettine e della satrapia del Cav. Ora, con un colpevole ritardo di quasi un decennio sul porsi alla scienza e coscienza universale del problema, scoprono l’utero in affitto. Sull’argomento, molte delle pregiate firmatarie (e pregiati firmatari, ci sono pure loro) hanno finora suonato la melensa canzone del “gesto d’amore”. Tra donne, o per due donne, due uomini ecc. E hanno fatto a pezzi – dalle colonne di Rep. spesso – la Legge 40 e ogni tentativo di argine all’utero in affitto.
Ora si accorgono che l’utero in affitto non è esattamente un regalo di Natale, né libero mercato, ma quasi sempre condizione di schiavitù o dipendenza. E in effetti, la maternità surrogata è una pratica odiosa e schiavista. Riduce il figlio a un prodotto a pagamento, e la donna che lo partorisce a un contenitore di merci. Lo era anche quando il business è iniziato a dare i suoi frutti, in India per esempio. Quando la Corte costituzionale, lo scorso anno, ha definitivamente demolito gli argini che la legge 40 aveva messo a difesa di un'idea di umanità non subordinata alla tecnoscienza e alla legge del desiderio, ritenendo il divieto di fecondazione eterologa incostituzionale, avevamo scritto che il prossimo passo sarebbe stata la legalizzazione dell’utero in affitto. Ma allora non c’erano le femministe a difendere la libertà delle donne. Meglio tardi che quando.
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