Chi si rivede, Abu Omar
Un cittadino iracheno, Majad Muhammad, è stato arrestato a Bari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anche se è sospettato di reati ben più gravi, legati al terrorismo islamista. Era già stato arrestato in febbraio, ma la magistratura lo aveva prosciolto. Ora, dall’esame dei documenti sequestrati si è scoperto che teneva rapporti con vari foreign fighters in transito per l’Italia. Inoltre, in un quaderno, si è trovata la prova dei suoi rapporti con Abu Omar, l’imam che era stato sequestrato dai servizi segreti americani, che lo consideravano un elemento di al Qaida, nel 2003. Oltre a ordinarne la liberazione, la magistratura italiana aveva chiesto l’incriminazione e ottenuto una condanna dei dirigenti dei servizi segreti italiani che naturalmente avevano opposto il segreto di stato alla richiesta di fornire le generalità dei colleghi americani con i quali avrebbero collaborato. La vicenda sfiorò la crisi istituzionale perché il ministro della Giustizia Roberto Castelli si è rifiutato di inoltrare una richiesta di estradizione nei confronti degli agenti della Cia.
Solo nel 2014 la Corte costituzionale ha posto fine a una paradossale vicenda giudiziaria accettando il ricorso del governo a difesa del segreto di stato con il conseguente annullamento da parte della Cassazione della sentenza di appello che aveva condannato a 10 anni di carcere i vertici del Sismi, Nicolò Pollari e Marco Mancini. Oggi si vede che la “vittima” della presunta azione legale dei servizi era invece una persona legata a doppio filo alle trame eversive e che il tentativo della magistratura italiana (che ha condannato in contumacia gli agenti della Cia) di intromettersi in una vicenda assai complessa ha avuto l’effetto di mettere in crisi i vitali legami informativi tra le agenzie antiterroristiche globali. Ma nessuno pagherà per questi clamorosi errori e per la faziosità che li ha generati.
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