Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

Passeggiate romane

L'intrigo di Renzi

Redazione
Tra referendum e primarie, così il premier-segretario cerca di non discutere il futuro del Partito

Ahi, il territorio. Fosse stato per lui, Matteo Renzi avrebbe rinviato, come ha già fatto, peraltro, l’ennesimo appuntamento con il partito per discutere di che cosa fare per questo Pd. Lui la sua risposta ce l’ha già: nulla. Per l’attuale Partito democratico non si può fare niente, meglio farlo rinascere nel 2016, grazie alla costituzione dei comitati referendari. E’ da lì, secondo il presidente del Consiglio, che nascerà quello che non lui ma altri chiamano il Partito della Nazione. Ed è tra i giovani che li organizzeranno e promuoveranno in tutto il territorio che Renzi intende trovare gli esponenti della classe dirigente del futuro.

 

Agenda 2016. Il referendum sarà dunque il banco di prova di molte cose. Del governo Renzi, che lo utilizzerà per prendersi la rivincita rispetto a delle elezioni amministrative che non si profilano certo come un trionfo. Del Pd che verrà. E anche della nuova coalizione che si dovrà fare partito, se l’Italicum non cambierà. Per questa ragione, anche nell’ambito della sesta edizione della Leopolda vi sarà uno spazio speciale dedicato al referendum costituzionale. Su tutto l’iter il presidente del Consiglio ha idee ben chiare: l’undici gennaio la riforma verrà licenziata alla Camera, entro lo stesso mese dovrà essere approvata (in via definitiva) al Senato e poi entro aprile il voto finale di Montecitorio. Quindi, le urne intorno a metà ottobre e allora, assicura il premier, “non ce ne sarà per nessuno”.

 

[**Video_box_2**]Bassolino no. Nonostante abbia il suo programma ben preciso in testa, il premier non può rinviare l’appuntamento con il partito. La direzione di gennaio è inevitabile non tanto per parlare del Pd (cosa che in quell’occasione Renzi farà per il minimo indispensabile, onde non farsi dare dell’antidemocratico dalla minoranza interna), quanto delle primarie, che sono un’alta afflizione per il presidente del Consiglio. Lui vorrebbe “regole certe e uguali per tutti in modo che nessuno possa fare contestazioni dopo”, regole talmente precise che specifichino persino l’entità dell’obolo che i votanti delle primarie devono versare prima di pendere la loro scheda, entità, ovviamente che deve essere uguale da nord a sud. Però non potrà applicare la norma anti Bassolino che aveva escogitato a Palazzo Chigi con Luca Lotti. A quella è costretto a rinunciare perché ha capito che avrebbe suscitato un vespaio di polemiche. Perciò è pronto ad accettare il fatto che l’ex sindaco di Napoli si candidi alle primarie del capoluogo partenopeo e le vinca. Ma lui non lo appoggerà : “Presenteremo un altro candidato, anche a costo di perdere le primarie”.

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