Il giudice, il panorama e la guerra giusta
Sarebbe interessante scoprire come farà il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a spiegare al presidente americano Barack Obama il garbuglio molto all’italiana del Muos. Sarebbe divertente sapere quali parole userà. Perché – prima o poi – qualcuno dovrà dirlo, al potentissimo alleato, che un giudice ha bloccato per l’ennesima volta un impianto satellitare strategico, che dovrebbe facilitare le operazioni militari americane e della Nato in Europa. E che necessariamente è posizionato in Sicilia, a Niscemi, provincia di Caltanissetta. A costo di rovinare il paesaggio. Ma un giudice ha detto no. E non certo per un rigurgito nazionalista, per il rifiuto ideologico di lasciare un pezzo di patria in mani straniere. No. Ieri la Cassazione ha rigettato il ricorso del ministero della Difesa, lasciando di fatto vigente l’ordinanza del gip di Caltagirone, competente per Niscemi. Per farla breve: secondo i magistrati il Muos è realizzato in un’area protetta e quindi non è possibile andare avanti con i lavori per la costruzione del sistema satellitare. Nessun danno per la salute dei siciliani, come ha confermato il ministero, si tratta solo di un vincolo ambientale. Che però dal 2005 decide la nostra politica estera e la credibilità italiana sui tavoli internazionali.
Del resto il Muos è presente già da anni nell’isola di Oahu nelle Hawaii, un paradiso terrestre, dove nessuno si lamenta per le antenne del sistema di comunicazione. Altre due stazioni di terra sono in Virginia e a Geraldton, in Australia. Invece la quarta prevista, quella a sessanta chilometri da Sigonella, è da un decennio oggetto di tira e molla tra Difesa e magistrati. Dopo lo stop di ieri, i Cinque stelle – manco a dirlo principali promotori dei movimenti No-Muos, che si basano su traballanti indagini pseudoscientifiche – esultano. In un momento così delicato per gli equilibri internazionali, con una guerra contro il fondamentalismo e il terrorismo in corso, un cavillo ambientalista rischia di inclinare l’alleanza di Roma con Washington e ridurre il peso del nostro paese nella Nato. E’ forse arrivato il momento di prendere il toro per le corna, guardare agli interessi nazionali e decidere, una volta per tutte, da che parte stare.
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