Un pupazzo di Donald Trump durante le celebrazioni di Pasqua a Città del Messico (foto LaPresse)

Tra virgolette - Washington Post

No, non sono stati i giornalisti a creare il fenomeno Donald Trump

Redazione
Sul Washington Post Eugene Robinson smonta il mito secondo cui "The Donald" è diventato il candidato di punta delle primarie repubblicane grazie all'attenzione dei media

Una delle cose più assurde che si dicono sul fenomeno Donald Trump è che è stato creato dai media”. Così Eugene Robinson, columnist del Washington Post, ha risposto ieri a un’ondata di commenti dei giornali americani, New York Times in testa, che si autoaccusano di aver favorito l’ascesa del biondo "The Donald", indulgendo sulle sue sparate sensazionalistiche e fornendogli mesi di copertura gratuita a mezzo stampa. Siamo stati noi a creare Trump, dicono i giornalisti. “Anzitutto, non c’è nessun ‘noi’”, ribatte Robinson. “I media operano in quello che sarebbe l’ambiente perfetto per ogni ideologo conservatore: un mercato completamente libero… Ogni direttore e caporedattore cerca di battere la competizione, e il fatto è che il pubblico ha deciso che vuole sapere tutto su Trump. Nessuno lo ha capito meglio di Trump stesso. Per usare un eufemismo, Trump sa come attirare l’attenzione su di sé – le tirate su Twitter a notte fonda, i comizi circensi, il jet placcato d’oro, i capelli ridicoli. Dopo decenni passati sotto il riflettore, quando ha iniziato la campagna elettorale il suo nome era riconosciuto dal 90 per cento degli americani… Ma tutti i clown sono capaci di attirare una folla. Trump sarebbe stato rimandato nella sua penthouse un sacco di tempo fa se una buona parte della base del Partito repubblicano non fosse d’accordo con quello che dice. Se c’è un qualche tipo di fallimento collettivo dei media, non è nel non dare troppa attenzione a Trump, ma nel non averne data abbastanza al suo messaggio”.

 

Gli show televisivi del mattino e le tv via cavo hanno sbagliato a dare a Trump così tanta attenzione?, si chiede Robinson. No, perché i media non hanno nessun obbligo a trattare ogni candidato allo stesso modo, e perché le folle attirate con costanza da Trump erano già di per sé meritevoli di coperture. Soprattutto, “l’idea che ‘i media hanno creato Trump’ non considera il fatto che i media ‘mainstream’ hanno tra la base repubblicana la stessa popolarità del virus Zika. E l’unica eccezione, Fox News, è stata più dura con Trump di molti altri canali, non più accomodante. Chris Wallace, il presentatore di ‘Fox News Sunday’, per molto tempo si è rifiutato di invitare Trump. La presentatrice Megyn Kelly si è scontrata con il miliardario”. “E’ vero che Trump garantisce un’audience alta e un sacco di clic, ma è irrilevante”, continua Robinson. “I media, a mio parere, sono colpevoli solo di aver riportato la notizia – e cioè che un candidato che non ha mai avuto un incarico elettivo e che non ha né la conoscenza della base né il temperamento necessari per diventare presidente sta dominando tutti gli avversari nella sua corsa alla nomination repubblicana. I commentatori dovrebbero passare meno tempo a compiacersi del fatto di essere in grado di creare un fenomeno simile, e più tempo a cercare di comprendere perché il fenomeno Trump si sta verificando”.

 

All’inizio della sua campagna elettorale, racconta Robinson, la proposta di Trump di costruire un “grande, bellissimo” muro al confine con il Messico per tenere fuori gli immigrati è stata considerata “ridicola, ma ha attirato l’attenzione della gente”. Dopo l’attacco terroristico di San Bernardino, Trump ha chiesto di impedire a tutti i cittadini stranieri di religione musulmana di entrare nel paese. “Un’altra idea folle, impossibile da mettere in pratica e anche controproducente, ma capace di trovare il consenso di milioni di americani che purtroppo vedono l’islam con paura”, commenta Robinson. Altre folli idee di Trump sul libero mercato, la proiezione della potenza americana all’estero, e la sua capacità di giocare sulle tensioni demografiche e razziali hanno attratto enormemente l’attenzione del pubblico. “Tante scuse a Marshall McLuhan, ma in questo caso il medium è solo il messaggero, non il messaggio”, conclude Robinson. “Incolparci per l’ascesa di Trump è soltanto un altro modo per ignorare gli elettori che lo hanno reso il frontrunner alle primarie”.