Nordio contro il paradosso di chi vuole combattere la prescrizione allungando i processi
Combattere la piaga della prescrizione (un milione e mezzo i processi “bruciati” negli ultimi dieci anni) allungando ulteriormente i già apocalittici tempi della giustizia italiana? A dire “no” al paradosso verso cui sembra essersi incamminato il dibattito parlamentare sulla riforma della prescrizione è il procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio. “Sono contrario all’allungamento eccessivo dei termini di prescrizione che confliggono col principio della ragionevole durata di un processo” ha detto Nordio oggi in un’intervista a Quotidiano Nazionale.
La soluzione, piuttosto, secondo il pm di Venezia dovrebbe essere quella di dare “tempi ragionevoli” anche alla prescrizione stessa: “La prescrizione potrebbe funzionare, senza bisogno di allungarla, se partisse da quando il soggetto viene inserito nel registro degli indagati e non fatta risalire a quando è stato commesso il presunto reato”.
Se si volesse, tuttavia, ridurre le lungaggini giudiziarie in maniera seria e sistematica – ammette Nordio –, il primo punto da rivedere sarebbe quel principio di obbligatorietà dell’azione penale tanto rassicurante quanto impraticabile nell’attività concreta dei magistrati: “Incide molto e in termini nettamente negativi perché il processo accusatorio alla Perry Mason, introdotto nel 1989, è molto fragile e complesso”. “Abbiamo voluto introdurre il processo accusatorio – prosegue Nordio – e tenere contemporaneamente l’obbligatorietà dell’azione penale. Abbiamo una Ferrari con un motore di una 500 che inevitabilmente s’impalla. E poi ci sono i nostri codici che sono pieni di reati bagatellari”.
Per il procuratore aggiunto di Venezia – che alcuni giorni fa era tornato a criticare “la porcheria” delle intercettazioni pubblicate sui giornali – occorre dunque mettere mano al codice di procedura penale, ma “anche al codice penale”, datato 1930, e che “ha una filosofia di fondo tutt’altro che liberale”: “Pensiamo a questioni come la legittima difesa o l’omicidio del consenziente, quello che impedisce l’assistenza al malato terminale. Bisogna fare qualcosa”.
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