L'integrazione oziosa all'italiana
Patrizia Calza, sindaco di Gragnano Trebbiense (Piacenza), “cattolica praticante che crede nell’accoglienza”, sul Corriere della Sera ricorda al Papa la parabola dei talenti: “Il servo aveva ricevuto dal suo signore una moneta, un talento. Ma lo aveva messo sotto terra senza farlo fruttare, e tornato a casa il padrone lo caccia. Nel messaggio evangelico non c’è solo il dare”. Il suo paese ospita venti pachistani, “una casa, tre pasti al giorno, corsi d’italiano, visite mediche, una piccola diaria”. Ma non vogliono lavorare: “Abbiamo chiesto un po’ di volontariato, tagliare l’erba, pulire le piste ciclabili per un paio d’ore al giorno con regolare assicurazione. Nulla, e non li possiamo obbligare”.
Chissà se il pontefice ha letto anche un reportage del Corriere della Sera da Briatico (Vibo Valentia) dove un migrante del Mali sbarcato due anni fa con altri 218 così descrive la sua giornata: “Manger, dormir, Facebook, un film”. Lì si sono investiti 85 mila euro per computer, corsi d’italiano e da elettricista, fabbro, pizzaiolo, cartongesso, macchine agricole, bagnino, teatro. Non si è presentato quasi nessuno. Per i profughi (non clandestini economici) la Germania ha appena stabilito l’obbligo di frequenza a corsi di lingua, cultura e legislazione, con regolari verifiche, e lavoro per le comunità locali, a un euro l’ora. Papa Francesco, che invitò tutte le parrocchie a prendersi un profugo, definisce i migranti “un dono di Dio”, chiedendo loro perdono “per le nostre società che temono il vostro cambiamento”. Cita Matteo: “Ero forestiero e mi avete accolto”. Ma anche la parabola dei talenti è nel vangelo di Matteo.
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