I magistrati fanno un uso politico della giustizia? Sì, dice un sondaggio
Prima le dichiarazioni del presidente dell'Anm Camillo Davigo, poi il caso Piergiorgio Morosini hanno fatto tornare d'attualità nel dibattito politico il tema della politicizzazione della magistratura.
Nella sua analisi, Giovanni Fiandaca su queste colonne aveva colto il centro nevralgico del problema: "La discrezionalità, a seconda dei casi più o meno ampia, inevitabilmente connessa all’interpretazione giudiziaria, funge infatti da porta di ingresso per un insieme eterogeneo di fattori di condizionamento di natura ‘extra-legale’: fattori che vanno dagli orientamenti politico-culturali della corrente di appartenenza al sistema personale di valori, alla fede politica e alla sensibilità del singolo magistrato. Ora, una libertà interpretativa influenzata da opzioni di valore è stata consapevolmente teorizzata da una corrente come Magistratura democratica, che non a caso è quella che si è tradizionalmente distinta rispetto alle altre correnti per una maggiore capacità di elaborazione culturale. E la spiccata attenzione per le valenze politiche dell’attività giurisdizionale ha, contemporaneamente, alimentato forme di proiezione pubblica e di militanza extra-giudiziale così esplicite, anche sul piano dell’esposizione mediatica, da trasformare il magistrato in uno degli attori politici che occupano la scena pubblica".
E ora anche gli italiani si è reso conto del problema. Un sondaggio di Euromedia Research evidenzia come gli intervistati siano ormai convinti che la magistratura stia facendo un uso politico della giustizia. Ecco i risultati:
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