Produttività. Ora fate presto
Gli studi statistici di Confindustria sono spesso oggetto di critiche per motivi opposti, a seconda dell’umore mediatico del momento. A volte sono bersagliati perché considerati filo governativi altre invece per ragioni opposte. Di solito però sono studi che ci prendono e che offrono suggerimenti preziosi. Le analisi del rapporto “Scenari Economici” pubblicato ieri dal Centro studi di Confindustria – il quale in passato ha prodotto stime più precise del ministero dell’Economia – hanno rivisto leggermente al ribasso le proiezioni di crescita per il 2016 (più 0,7 da 0,8 per cento) e per il 2017 (più 0,5 da 0,6) portando alla replica del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, il quale sostiene che le stime governative “dovrebbero essere diverse e migliori di quelle del Csc”.
Al di là delle dispute sui decimali, è il direttore del Centro studi Luca Paolazzi a descrivere uno scenario plumbeo – produzione industriale ferma, credito a imprese e famiglie pure, l’occupazione pur cresciuta di 426.000 unità per lo più a tempo indeterminato con il Jobs Act è prevista in rallentamento – che lo porta a dire che se “non riusciamo a schiodarci dalla malattia della lenta crescita di cui soffriamo da inizio 2000” l’Italia tornerà a performance economiche pre-crisi solo nel “2028”. Con questi numeri, il risultato del referendum Costituzionale c’entra poco o nulla. Quello che la Confindustria segnala è la necessità di un cambio di passo spesso annunciato e mai arrivato davvero. In passato, in particolare con i governi Prodi, ma anche il centrodestra ha le sue colpe, l’intreccio tra aziende e politica ha seguito il canovaccio di incentivi a pioggia, cassa integrazione a catinelle, aumento del costo del lavoro, e tanti “tavoli” di concertazione quanti ce ne sono al ristorante. Tutto a discapito di produzione, lavoro e a carico di contribuenti e aziende. Il presidente, Vincenzo Boccia, ha detto di tifare perché si realizzino le stime del governo anziché quelle del “suo” Centro studi. Ma perché si realizzino migliori prospettive per l’economia, tuttavia, il nuovo corso confindustriale dovrebbe applicare con rapidità quelle che finora sono state “priorità” solo annunciate: in primis lo spostamento della contrattazione dal livello nazionale a quello aziendale, e dimostrarlo in sede di rinnovo dei contratti. Nel passato chi ha tergiversato troppo su questo tema è stato corresponsabile della decrescita del paese. Tergiversare ancora oggi vorrebbe dire essere responsabili anche della non crescita futura. Fate presto.
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