bandiera bianca
Da quando c'è il Covid, l'uomo è ridotto alla sua malattia
La storia di un signore di Sora la cui morte era stata comunicata per errore ai familiari dall'ospedale in cui era ricoverato. La vicenda è stata letta in vari modi, ma è stato tralasciato un aspetto significativo
Ci sono vari modi di leggere una brutta notizia al tempo del virus. Fra le numerose vittime di questa seconda ondata ha ricevuto particolare rilievo sui giornali un signore di Sora la cui principale caratteristica, che lo faceva spiccare rispetto alla moltitudine di decessi, era quella di non essere morto. Per errore, infatti, l’ospedale aveva comunicato il suo trapasso ai familiari, che avevano nel frattempo dato incarico all’agenzia di pompe funebri di procedere al disbrigo delle tristi pratiche, come l’acquisto della bara o la stampa dei manifesti mortuari, mentre la vittima era sì ricoverata ma ancora viva – le cronache non mancano di aggiungere il dettaglio grottesco che stava facendo colazione in reparto, del tutto ignara dell’avanzata organizzazione delle proprie esequie.
Ci sono vari modi di leggere questa brutta notizia e, se spulciate sul web, li trovate tutti: dalla tetra indignazione per il caso di malasanità all’ilare sollievo per il morto ancora vivo, viene coperto l’intero spettro delle reazioni istintive. Una però resta in disparte, forse perché più ragionata e spaventosa, forse perché richiede di spostare l’attenzione dal torto subito dall’ignaro signore di Sora e dalla sua famiglia concentrandola invece sulla parte più brutta di questa brutta storia: il fatto che il morto c’era e c’è davvero, ha un altro nome e un’altra storia, un’altra famiglia che è stata avvertita in ritardo e che ha sofferto all’improvviso il dramma inverso a quello che fa notizia, scoprire non che chi credevano morto era ancora vivo ma che chi credevano vivo era già morto. Ai fini statistici nulla cambia, un morto di Covid è un altro morto di Covid, ma questa verità apre uno squarcio nelle cifre asettiche di cui ogni giorno la pandemia ci inonda e ci sbatte di fronte a un effetto imprevisto di mesi e mesi di Coronavirus, a cui rischiamo inavvertitamente di fare il callo: la riduzione dell’uomo alla sua malattia.