La libertà in una torta
Trump sfida il dogma dell’uguaglianza nel caso del pasticcere ribelle che si è rifiutato di fare una torta nuziale per una coppia gay
Mercoledì il solicitor general degli Stati Uniti, l’avvocato che rappresenta l’Amministrazione davanti ai tribunali, ha chiesto alla Corte Suprema di poter intervenire nel dibattimento sul caso del pasticcere del Colorado che si è rifiutato di fare una torta nuziale per una coppia gay. L’uomo, Jack Phillips, sostiene che il suo diritto alla libertà di espressione, garantito dal Primo emendamento alla Costituzione, è stato violato, dal momento che lui esprime se stesso attraverso la sua attività. Costringerlo a dare il suo assenso, mediante il lavoro, a una pratica che viola la sua coscienza equivale a mutilare la libertà che costituisce la pietra angolare dell’apparato liberale americano. La corte stabilirà se guarnire una torta equivale a esprimere un’opinione, e come tale è un’attività che va protetta, ma storicamente i giudici americani hanno deciso in favore delle definizioni più ampie della libertà di parola. Le associazioni per i diritti civili, per contro, sostengono che il dogma della non-discriminazione è più importante della libertà di espressione, una posizione che mette uguaglianza e protezione al di sopra delle libertà individuali. E’ questa tensione fra visioni contrapposte della libertà e dei suoi limiti che anima un dibattito cruciale nella società americana, e quello del pasticcere non è che un caso limite. L’amministrazione è scesa in campo proprio per difendere un principio generale: “Gli Stati Uniti hanno un interesse sostanziale nella difesa dei diritti costituzionali alla libera espressione”, ha scritto il solicitor general, ricordando che non siamo di fronte al processo, già celebrato sui giornali, contro un pasticcere omofobo.