La strana "tattica" dei vescovi
Le “priorità sbagliate” della politica e la battaglia contro l’eutanasia
Il quotidiano della Cei, Avvenire, lamenta, con un vistoso titolo in prima pagina, le “priorità sbagliate” che sono state scelte per l’attività parlamentare di fine legislatura. Non convince che si voti in tutta fretta la legge sul fine vita, mentre il cosiddetto ius culturae finisce in fondo alla lista. Forse però i vescovi dovrebbero domandarsi se si sia arrivati a questa conclusione anche per via della loro deludente “tattica”. La chiesa italiana ha lasciato al Movimento per la vita e a qualche associazione di sanitari la battaglia sugli aspetti più discutibili della legge sul fine vita, quelli che confinano (o sconfinano) nell’eutanasia. Quando il Pontefice ha giustamente espresso la sua contrarietà all’accanimento terapeutico, questa posizione tutt’altro che nuova è stata interpretata dalla grande stampa come un via libera alla legge sul fine vita. Non era così, ma non c’è stata da parte delle gerarchie ecclesiali una presa di posizione chiara e quindi si è data l’impressione che avessero ragione i media laici, e che sui rischi di eutanasia non ci sarebbe stata battaglia. E’ anche per questo, forse, al Partito democratico è parso che la scelta di accelerare sul biotestamento sarebbe stata quella che avrebbe incontrato minor resistenza, a differenza dello ius soli sul quale esiste un’opposizione agguerrita non solo in Parlamento. Naturalmente la responsabilità delle scelte politiche compete a chi le fa, ma anche le condizioni di contorno hanno un peso e da questo punto di vista il comportamento della chiesa italiana è stato sostanzialmente controproducente. Ai tempi in cui si parlava di princìpi non negoziabili, la chiesa qualche battaglia la vinceva.