E se i troll fossero Google e Facebook?
Il referendum sull’aborto in Irlanda e la censura alle campagne social
Il 25 maggio prossimo in Irlanda si terrà il referendum per l’abolizione dell’Ottavo emendamento, quello che rende illegale l’aborto nel paese. La campagna elettorale sta entrando nel vivo in questi giorni, e soprattutto gli antiabortisti hanno deciso di puntare poco sui tradizionali sit-in e marce con croci e rosari e molto sulla comunicazione online, sfruttando i social network. Google ha fatto sapere mercoledì di aver eliminato tutti i tipi di inserzione che riguardano il tema oggetto di referendum dai risultati di ricerca e da YouTube, “seguendo gli sforzi globali per mantenere un atteggiamento di integrità nei processi elettorali”. Una decisione ancora più netta di quella presa da Facebook, che ha invece scelto di rifiutare di pubblicare contenuti sull’Ottavo emendamento che non provengano dall’Irlanda, anche se si tratta di inserzioni a pagamento. Dopo le accuse di interferenza durante le presidenziali americane, la Brexit e il caso Cambridge Analytica, Facebook e Google vogliono dare prova di restare neutrali, peccato che lo facciano trattando chi fa campagna in difesa della vita come una fabbrica di troll russi che da San Pietroburgo cercano di influenzare il voto americano. Una neutralità che sa di censura, e che vizia ugualmente il clima elettorale: prova ne è il fatto che le due decisioni siano state criticate dal fronte antiabortista e salutate con un “era ora” da chi vuole abolire l’Ottavo emendamento. La finta neutralità di Facebook e Google è di fatto una presa di posizione politica, e apre molte domande sulla libertà di espressione su social network e motori di ricerca. Con la scusa di combattere i troll si può censurare qualunque opinione.