Libertà d'opinione a corrente alternata
I manifesti pro life e le lenzuola anti Salvini non minacciano la democrazia
È curioso che in nome della sacra libertà d’opinione ed espressione si invadano i social network per gridare allo scandalo quando vengono rimossi cartelli e lenzuoli recanti slogan poco gentili (ma perfettamente leciti in uno stato democratico) nei riguardi del ministro dell’Interno Matteo Salvini e, al contempo, gli stessi indignati di cui sopra chiedano la rimozione dei manifesti contro l’aborto.
Un diritto inviolabile o lo è sempre o non è tale. Non c’è una via di mezzo, a meno che l’indignazione corale non sia determinata da chi è di volta in volta coinvolto. Il manifesto pro life – molto grande, certo, ma si è visto di peggio – contro l’aborto è comparso nei giorni scorsi a Roma, sulla via Tiburtina, nel quartiere Portuense e sulla Cristoforo Colombo. L’immagine è quella di un feto di undici settimane (si chiama Michelino) ed è accompagnata da uno slogan: “Cara Greta, se vuoi salvare il pianeta, salviamo i cuccioli d’uomo”. Tutto qui, niente immagini macabre o avvisi da memento mori come si vedono sui pacchetti delle sigarette.
Il Comune di Roma, che con inflessibile e inusuale rigore ha avviato tutti i controlli del caso per verificare la regolarità della cosa, ha dovuto ammettere che è tutto lecito: è stato affisso su un palazzo privato tramite una concessionaria, ragion per cui l’autorizzazione comunale non era necessaria. I promotori si sono limitati a un “giù le mani” dal manifesto, rimandando all’appuntamento con la Marcia per la vita in programma domani.
La contraddizione è evidente: si grida al fascismo di ritorno se i vigili del fuoco si aggrappano a un terrazzo privato per rimuovere un lenzuolo antisalviniano e si invoca la censura per far togliere dalle strade un cartellone sgradito. Una concezione davvero strana della libertà d’opinione.
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