L'illusione della Cei sul suicidio assistito
Avvenire spera ancora in una legge, ma è tardi. La chiesa doveva agire prima
Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale, ha pubblicato una pagina dedicata all’imminente sentenza della Consulta che, come ha annunciato, abolirà la punibilità del reato di aiuto al suicidio se il Parlamento non delibererà in merito entro il prossimo 24 settembre. Lo spazio più rilevante viene dato a Graziano Delrio, che si dice “totalmente impegnato, personalmente e come capogruppo del Partito democratico, perché il Parlamento sia centrale e legiferi, senza lasciare alla Corte le decisioni sull’aiuto al suicidio”.
Sembra una promessa impegnativa e probabilmente esprime una volontà sincera, ma nell’attuale quadro politico è completamente irrealizzabile. I sostenitori dell’eutanasia, dai Radicali ai 5 stelle, insistono sull’esigenza di posporre la discussione parlamentare alla decisione della Corte, perché sanno che una volta che gli articoli di legge sulla punibilità dell’aiuto al suicidio saranno abrogati, sarà impossibile ripristinarli in qualsiasi forma. Anche tra i democratici solo una minoranza è interessata a seguire i consigli del cardinale Gualtiero Bassetti, e anche questa, per ottenere un risultato dovrebbe allearsi con la Lega di Matteo Salvini e con Forza Italia. E’ impossibile che questo accada una settimana dopo la costituzione di un governo con i 5 stelle. Delrio lo sa, infatti non dice nulla in merito e si limita a rivendicare la centralità del Parlamento.
In realtà quando si tenne la riunione decisiva per fissare il calendario parlamentare, il Pd non appoggiò la proposta della Lega, che circoscriveva a casi specifici la non punibilità, più o meno come chiedono ora le associazioni cattoliche, e questo rese impossibile adottare un testo base e quindi portò alla cancellazione dell’argomento dal calendario dei lavori. E’ comprensibile che il quotidiano dei vescovi valorizzi qualsiasi spiraglio, anche se illusorio, ma è abbastanza chiaro che sulla questione dell’eutanasia avrebbe influito maggiormente una campagna pubblica vigorosa, magari accompagnata dalla ricerca di alleanze con tutte le rappresentanze parlamentari disponibili. Quella battaglia arriva in ritardo, quando ormai è persa, e su questo anche la Cei dovrebbe riflettere.