I rischi del suicidio assistito a domicilio
La maggioranza va oltre la Consulta e promuove il diritto di morire a carico dello stato
Come era prevedibile – per non dire scontato – i vincoli già di per sé poco solidi posti dalla Consulta nell’ordinanza dello scorso settembre che di fatto dà il via libera al suicidio assistito in Italia, rischiano di cadere davanti all’attivismo legislativo parlamentare. E’ stato depositato al Senato un disegno di legge condiviso da tutte le forze che compongono l’attuale maggioranza gialloverde – dal Pd (prima firmataria è Monica Cirinnà) al M5s, da Leu a Italia viva – che infatti abolisce la necessità che la persona richiedente il trattamento finalizzato alla morte sia tenuta in vita da terapie di sostegno vitale.
Bastano le altre condizioni messe per iscritto dai giudici costituzionali, e cioè la capacità del soggetto di prendere una decisione così grave in piena libertà e coscienza e l’essere affetto da una malattia irreversibile che causi sofferenze fisiche e psicologiche non sopportabili. Eliminare la terza condizione, e cioè la constatazione che il richiedente sia assistito da sostegni vitali, cambia le carte in tavola: la platea dei potenziali soggetti interessati si amplia a livelli non ancora calcolabili. Anche un malato d’Alzheimer al primo stadio rientrerebbe nella categoria di quanti sarebbero coperti dalla norma. L’altra “novità” contenuta nel disegno di legge darebbe la facoltà al Servizio sanitario nazionale di praticare il trattamento “finale” a domicilio, rendendo assai più arduo verificare gli eventuali abusi, soprattutto se le maglie degli “aventi diritto” fossero ulteriormente allargate come si propone di fare il ddl che, tra le altre cose, prevede la non punibilità dell’“omicidio del consenziente”, il che spalancherebbe le porte all’eutanasia.
Un testo molto ardito – poco o nulla si dice sulle cure palliative –, che va ben al di là del tracciato – non esente da margini ambigui – indicato dal plenum della Corte. Nessuna sorpresa, però: nel momento in cui si è pretesa una legge che obbligasse lo stato a procurare la morte su richiesta, il risultato non può che essere la regolamentazione per via legale del presunto diritto a morire.