editoriali
L'Associazione Coscioni denuncia impedimenti ad abortire. Ma i motivi sono altri
I dati della ricerca presentata alla Camera non sono chiari e sono in contrasto con quelli del ministero della Sanità. Il problema, se esiste, va affrontato con le assunzioni e non attaccando l'obiezione di coscienza
L’Associazione Luca Coscioni ha presentato alla Camera una relazione in cui denuncia che, in una trentina di presìdi sanitari italiani, l’interruzione volontaria della gravidanza è resa impossibile a causa dell’alto numero di sanitari obiettori di coscienza. I dati della ricerca non sono chiarissimi e contrastano con quelli contenuti nelle relazioni annuali presentate dal ministero della Sanità (insieme alle regioni e all’Istituto superiore di sanità) al Parlamento, dalle quali risulta chiaro invece che non ci sono strozzature derivanti dall’obiezione di coscienza. D’altra parte quando la Cgil, qualche anno fa, chiese al Consiglio d’Europa di condannare l’Italia per l’eccessivo ricorso all’obiezione di coscienza, non ottenne alcun risultato.
La battaglia radicale contro l’obiezione di coscienza è tanto tenace quanto contraddittoria, per un movimento che ha sempre considerato la libertà personale un diritto inalienabile: lo è per la scelta di eutanasia, per il consumo di droghe, ma non per il rifiuto di praticare aborti. In ogni caso il problema della possibilità per le donne che lo desiderano di interrompere la gravidanza, se esiste e dove esiste, va affrontato con l’assunzione di personale sanitario, non con l’abolizione di un diritto garantito dalla Costituzione e dalla legge. Un terzo dei medici ginecologi non è obiettore e questo dovrebbe essere più che sufficiente, se in qualche situazione specifica non è così si può provvedere e a quanto risulta le regioni hanno piani che evitano la concentrazione eccessiva di obiettori. Una denuncia tanto generica come quella presentata dall’Associazione Coscioni non cambia la realtà dei fatti e sarebbe assurdo se diventasse il punto di partenza per una campagna tesa a cancellare il diritto all’obiezione di coscienza, che è l’obiettivo evidente dei proponenti