(Foto di Frederic Köberl su Unsplash) 

editoriali

La burocrazia non decide il suicidio, dunque non può coprirne i costi

Redazione

Il caso di “Marco”, un cittadino tetraplegico che dovrà pagare di tasca propria l'operazione per morire e la legge che manca per l’eutanasia gratuita (calma)

Ha destato interesse e in qualche caso la solita reazione di “sdegno” la richiesta avanzata dall’amministrazione sanitaria pubblica a “Marco” – un cittadino tetraplegico che ha visto riconosciuta da una sentenza la possibilità di suicidio assistito  – del pagamento del costo dell’operazione, cinquemila euro circa, che lo condurrà alla morte. Michele Serra denuncia dalle pagine di Repubblica la “burocrazia cinica”, ed è solo un esempio delle molte voci di protesta che si sono levate a deprecare l’episodio. Hanno ragione? In termini legali, non si direbbe: la burocrazia applica le leggi, altrimenti si chiama arbitrio, e sul suicidio assistito non ci sono una legge e tanto meno un decreto attuativo, quindi si applicano le norme generali che garantiscono la gratuità (salvo ticket o altri balzelli) delle cure. Il suicidio non è una cura, è una scelta personale e come tale non rientra – al momento, in Italia – nel novero dei trattamenti gratuiti.

 

Non è l’unico trattamento così regolato: anche la chirurgia estetica nella maggior parte dei casi è a pagamento, lo stesso vale per le protesi odontoiatriche, come se poter masticare non fosse un “diritto”. Invece l’aborto volontario è gratuito, ma c’è una legge e un decreto attuativo che stabiliscono che di questa scelta individuale non curativa si faccia carico l’erario. Naturalmente, visto che la Consulta ha stabilito in alcuni casi, peraltro assai limitati, la possibilità del suicidio assistito, è necessario che si dia copertura legislativa a questa situazione; ma è anche vero che i vari tentativi di legiferare si sono arenati sia per la contrarietà di alcuni a ogni forma di eutanasia, sia per la pretesa di altri di estendere l’area assai al di là dei casi indicati dalla Consulta. Della gratuità o meno di questi trattamenti si dovrà comunque decidere in sede legislativa, spetta al Parlamento rispondere alla domanda, non retorica, se la Sanità, gratuita per curarsi, debba esserlo anche per uccidersi. Non spetta alla burocrazia sostituirsi al legislatore, per quanto cinica possa apparire a qualche enfatico commentatore.

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