Il gender? Roba da frustrati
Mi domando, ad esempio, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”. Lo ha detto il Papa, ieri mattina, inaugurando una serie di catechesi su uomo, donna e sacramento del matrimonio. Quando a Napoli, qualche settimana fa, aveva detto quasi le stesse cose, il discorso era passato come un refolo di vento, finito nel dimenticatoio. Era più chic parlare del focoso assalto delle suore di clausura in cattedrale. Stavolta, il palcoscenico non era il lungomare partenopeo baciato dal Sole ma il sagrato di piazza San Pietro pieno per l’udienza generale. Far finta di niente, sarebbe stato impossibile.
Francesco ha detto – e chissà se quei vescovi nordeuropei impegnati a studiare come abbattere secoli di dottrina in fatto di morale erano collegati in streaming con il canale vaticano – che “per conoscersi bene e crescere armonicamente, l’essere umano ha bisogno della reciprocità tra uomo e donna, e quando ciò non avviene se ne vedono le conseguenze”. La colpa del diffondersi di teorie come il gender, ha aggiunto il Pontefice, è anche della “cultura moderna e contemporanea” che ha sì “aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza”, ma ha altresì “introdotto molti dubbi e molto scetticismo”. Parole che bloccheranno la digestione a chi aveva eletto Bergoglio a paladino della causa lgbt.