Mi è parso di vedere un bulldozer
Dobbiamo mettere da parte angoscia distruttiva e fandonie della guerra santa. Non c’è alcun pericolo rispetto alla nostra identità di fede. L’islam non vuole cancellare le radici cristiane in occidente”, diceva giovedì alla Stampa il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero che, preso alla lettera l’invito papale al parlar franco, ha sempre una buona parola per i giornali (dai diritti Lgbt all’immigrazione, fino alle più o meno globali battaglie culturali). Ventiquattro ore dopo le rassicurazioni del presule dal buen ritiro siculo, dove le case dei cristiani non vengono marchiate con la “n” di infedele, le ruspe dei tagliagole califfali hanno raso al suolo il monastero di Mar Elian, antico di 1.500 anni. Bulldozer in azione per ore, su e giù, affinché nessuna pietra rimanesse in piedi. Un copione analogo a quello toccato prima alla tomba del profeta Giona, presa a picconate perché pre-islamica, e poi alle chiese di Ninive, sventrate in quanto simbolo dei nazareni da macellare come agnelli.
E mentre dal vicino oriente svuotato di cristiani i presuli locali supplicano l’occidente di muoversi – “serve una forza di terra. In queste circostanze fare la guerra è legittimo, è legittima difesa”, diceva il patriarca di Baghdad, mar Raphaël I Louis Sako – poche migliaia di chilometri più a ovest sono in tanti a filosofeggiare, foderando di prosciutto occhi e croci pettorali vescovili, negando pulizie etniche in atto e sostenendo l’ormai insostenibile mantra del dialogo a tutti i costi. Farebbero bene, i novelli sofisti, a ricordare il monito di padre Turoldo: “Solo uno che non è puro ha paura a chiamare le cose con il loro nome”.