Il terrorismo si batte se l'Europa si sveglia
Il cardinale Angelo Scola ha pronunciato quelle due parole che finora, alle latitudini occidentali della chiesa cattolica, non s’erano udite: “Terrorismo islamista”. Lo ha fatto nell’occasione più solenne che potesse esserci, il discorso in occasione dei Primi vespri di sant’Ambrogio, a Milano. Nonostante l’esecuzione ad personam nella redazione di Charlie Hebdo dello scorso gennaio e le stragi parigine del 13 novembre, addossare la responsabilità ai fondamentalisti islamici per le alte gerarchie episcopali era divenuto una specie di tabù, da evitare per non minare il (già claudicante) dialogo interreligioso e non immischiare la chiesa in uno scontro potenzialmente devastante.
Basti ricordare quanto fece Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, lo scorso aprile, quando s’affrettò a negare che un gruppo di migranti cristiani fosse stato scaraventato – per meri motivi religiosi – nel mezzo del Mediterraneo da compagni di traversata musulmani: “Quando ci sono persone stipate per giorni nei barconi, in condizioni così precarie, ogni minima lite o risentimento può far scatenare atteggiamenti imprevedibili”, diceva Galantino. Qualche giorno dopo il Papa avrebbe sottolineato come fossero stati “gettati in mare solo perché cristiani”.
[**Video_box_2**]Scola ha le idee chiare anche su quale sia la ricetta per annientare la piaga jihadista che minaccia le nostre città: “Il terrorismo non potrà essere battuto senza un processo integrativo che domanda ricerca e promozione di senso, impossibile senza un risveglio dell’Europa”.
Editoriali
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