Papa Francesco (foto LaPresse)

Il Papa lascia sguarniti i confini

Redazione
Non è compito della chiesa governare i processi di globalizzazione

Francesco ha preso partito: se da tempo si batte contro la chiusura delle frontiere europee in risposta alla pressione migratoria proveniente dal sud del mondo, ora si scaglia contro l’idea di rafforzare i confini che separano gli Stati Uniti dall’America latina. Il primo Pontefice sudamericano sembra impegnato a cancellare le frontiere tra nord e sud, proprio come Giovanni Paolo II si batté per far crollare la cortina di ferro che tagliava in due il Vecchio continente. In questo proposito si esprime una particolare interpretazione del carattere cattolico – cioè universale – della chiesa di Roma, che la pone da sempre in tensione con le chiese nazionali protestanti. In ciò, anche se in forme che possono apparire innovative fino allo scandalo, Bergoglio persegue gli obiettivi che furono all’origine della Compagnia di Gesù.

 

Non mancano le contraddizioni, come quando Francesco invita i latinoamericani a non porre come proprio fine esistenziale il conseguimento della ricchezza materiale, che è alla base della loro volontà di entrare negli Stati Uniti. Lo stesso, peraltro, accadde a Karol Wojtyla che predicava una società libera dai condizionamenti consumistici e secolari, ma che riuscì a conquistare l’allargamento – ormai pressoché globale – della società di mercato. Governare i processi di globalizzazione e le tensioni anche migratorie che ne derivano, però, non è compito della chiesa, chiamata invece a indicare princìpi di solidarietà. Francesco lo fa con uno stile che pare sconvolgere antiche certezze, ma a ben guardare si può scorgere nella sua azione il segno di antiche astuzie “gesuitiche” che è fin troppo facile confondere con ingenuità pauperistiche.

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