Sui migranti la Cei ha una linea. E Renzi?
Che la richiesta di aprire le frontiere a tutti quanti cercano in Europa la salvezza arrivi dalla chiesa cattolica è naturale e pure ovvio. E’ la sua stessa missione, come avevano ben chiarito i viaggi di Francesco a Lampedusa e Lesbo e come ha spiegato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, Nunzio Galantino. Il problema, semmai, è se la la linea teorizzata dal numero due della Cei viene fatta propria da un governo, e in particolare da quello italiano che – assieme a quello greco – è in prima linea nell’affrontare l’emergenza migranti. Che ne pensa il presidente del Consiglio, Matteo Renzi?
Finora da Palazzo Chigi si è parlato di quote, si sono forniti numeri, ci si è appellati a Bruxelles perché tutti contribuiscano in qualche modo alla ripartizione (con scarso successo). Forse la posizione di Palazzo Chigi è quella che prevede di accogliere tutti – magari badando poco a disquisire su chi abbia davvero diritto di stare in Italia – adottando quindi l’originaria posizione di Angela Merkel delle frontiere aperte (poi rivista anche per l’impossibilità oggettiva di metterla in pratica)? Oppure il governo ragiona seriamente sul tentativo di identificare e registrare i profughi prima che mettano piede sulla terraferma, con hotspot galleggianti o nei paesi di transito? Le due linee sono opposte e la necessità di decidere quale perseguire è urgente. Prima che i numeri ancora gestibili si trasformino in un flusso ininterrotto di barconi capace di annullare ogni discorso da bien pensant.
Editoriali
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