Il presepio dell'immigrazione
"Anche la Madonna è stata una migrante, a lungo straniera in Egitto”. Così Papa Francesco ha nuovamente utilizzato il Vangelo per interpretare la stretta attualità. D’accordo, lo fanno spesso i sacerdoti nella famosa “predica”; nel caso dei migranti però sembra prefigurarsi una dottrina Bergoglio che attinge politicamente alla più popolare iconografia del Nuovo Testamento, il presepe. Già a luglio Francesco aveva assimilato Gesù a un “migrante cacciato”. E già Angelo Bagnasco, presidente della Cei, a gennaio aveva paragonato i migranti ai Re Magi, i quali “venendo da terre lontane” autorizzerebbero “le nuove marce dei popoli contro ogni muro”. A parte il fatto che i Magi, per essere re e portare doni preziosi, non erano precisamente assimilabili agli odierni e disgraziati migranti economici, l’idea di piegare il Vangelo alla visione dei problemi mondiali di oggi presenta qualche rischio.
Intanto a prenderla alla lettera, Maria di Nazareth e Giuseppe non erano affatto clandestini: andavano a Betlemme per registrarsi al censimento di Augusto. Forse il Papa si riferiva alla fuga in Egitto? Il senso della critica non cambia. D’altronde già l’Immacolata Concezione (dogma del cattolicesimo) è stato definito provocatoriamente, dal campo avverso, il caso più illustre di fecondazione eterologa, condannata da Bergoglio. Ma in genere l’attualizzazione del medio oriente di duemila anni fa ha sempre generato mostri e mostriciattoli: tipo contrapporre il palestinese Gesù al crudele Erode, re ebreo. Nella trasposizione cinematografica di “Jesus Christ Superstar”, in pieno mood terzomondista anni 70, ne abbiamo avuto un esempio: i caccia israeliani che sfrecciano sull’agonia di Giuda vittima dell’imperialismo, con i romani nei panni degli Amerikani.
Editoriali
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l'anticipazione