Il Papa insegna alla Cisl (e non solo) come fare il sindacato
Francesco riceve i delegati riuniti per il Congresso nazionale. E chiede un nuovo “patto sociale” sul lavoro: “È miope costringere gli anziani a lavorare mentre i giovani stanno a casa”
Papa Francesco torna a parlare di uno dei suoi “cavalli di battaglia”: il tema del lavoro. Lo fa nell'Aula Paolo VI rivolgendosi alla platea dei delegati della Cisl, riuniti a Roma per partecipare al Congresso nazionale della Confederazione. E le sue sono parole dure nei confronti dei sindacati con la richiesta chiara di un nuovo patto che favorisca l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
"Sindacato è una bella parola che proviene dal greco syn-dike, cioè 'giustizia insieme'. Non c'è giustizia insieme se non è insieme agli esclusi. Non c'è una buona società senza un buon sindacato, e non c'è un sindacato buono che non rinasca ogni giorno nelle periferie, che non trasformi le pietre scartate dell'economia in pietre angolari", ha sottolineato esortando i presenti a non arroccarsi in difesa di chi è già in possesso del lavoro sacrificando i disoccupati e gli inoccupati.
Per il Papa "il sindacato è espressione del profilo profetico della società", "nasce e rinasce tutte le volte che, come i profeti biblici, dà voce a chi non ce l'ha, denuncia il povero venduto per un paio di sandali, smaschera i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più fragili, difende la causa dello straniero, degli ultimi, degli scartati". "Ma nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato rischia di smarrire questa sua natura profetica, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare. Il sindacato col passare del tempo ha finito per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile. E invece, se manca questa tipica e diversa dimensione, anche l'azione dentro le imprese perde forza ed efficacia. Seconda sfida: innovazione". E, ha aggiunto Francesco, se "i profeti sono delle sentinelle, che vigilano nel loro posto di vedetta, anche il sindacato deve vigilare sulle mura della città del lavoro, come sentinella che guarda e protegge chi è dentro la città del lavoro, ma che guarda e protegge anche chi è fuori delle mura. Il sindacato non svolge la sua funzione essenziale di innovazione sociale se vigila soltanto su coloro che sono dentro, se protegge solo i diritti di chi lavora già o è in pensione". "Questo – ha sottolineato il Papa – va fatto, ma è metà del vostro lavoro. La vostra vocazione è anche proteggere chi i diritti non li ha ancora, gli esclusi dal lavoro che sono esclusi anche dai diritti e dalla democrazia". Forse – ha spiegato il Papa – la nostra società non capisce il sindacato anche perché non lo vede abbastanza lottare nei luoghi dei diritti del non ancora: nelle periferie esistenziali, tra gli scartati del lavoro, tra gli immigrati, i poveri, che sono sotto le mura della città; oppure non lo capisce semplicemente perché a volte la corruzione è entrata nel cuore di alcuni sindacalisti".
Per il Papa occorre ricercare un equo trattamento lavorativo sia per i giovani sia per gli anziani. E le pensioni, così come l'invecchiamento della forza lavoro, a fronte dell'aumento della disoccupazione giovanile, diventano per il Pontefice un esempio lampante. "È una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti", ha detto il Pontefice, che ha ricordato come "non sempre e non a tutti è riconosciuto il diritto a una giusta pensione", ovvero "né troppo povera né troppo ricca" in quanto "le 'pensioni d'oro' sono un'offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni".