Quando il Papa parla alla pancia
Francesco discute di mafia e pedofilia concedendo troppo alla vox populi
Più che alla testa, ha parlato alla pancia degli astanti, il Papa, mentre ieri agitava il pugno in aria per giurare che mai e poi mai lui firmerà una grazia per un prete pedofilo. Parlava in spagnolo, a braccio, e assicurava che mai il nome “Franciscus” si vedrà in calce a un provvedimento di perdono per chi ha compiuto tali gesti. E questo perché “la persona che fa questo, uomo o donna che sia, è malata. La pedofilia è una malattia. Oggi lui si pente, va avanti, lo perdoniamo, ma dopo due anni ricade”. Il problema, ha aggiunto, “è grave” e la chiesa è colpevole perché “è arrivata tardi”, come se la lustracija fosse iniziata l’altro ieri grazie al monstrum di commissioni e sottocommissioni creato per far luce sui casi d’abuso, veri o presunti che siano, sotto i diktat a mezzo stampa di ex vittime che ai giornali denunciano prefetti della Dottrina della fede per non aver messo il cappio al collo dei rei perché così pretende la rabbiosa vox populi infervorata post visione di qualche talk-show. Ma il Papa, poco prima, aveva anche ribadito un’altra delle sue posizioni più celebri, quella sulle mafie. L’occasione era data dall’udienza concessa alla commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi. Oltre a lodare – doverosamente – la legislazione italiana in materia, Francesco ha ricondotto la faccenda alla “finanza ormai sovrana sulle regole democratiche, grazie alla quale le realtà criminali investono e moltiplicano i già ingenti profitti ricavati dai loro traffici”. Serve una nuova coscienza civile, ha aggiunto Bergoglio, e per questo è indispensabile dare ascolto “ai testimoni di giustizia”.
Editoriali
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