Il Papa inciampa sul Venezuela
Francesco plaude al “voto democratico” che ha consacrato Maduro
Ai vescovi venezuelani deve essere andata di traverso la colazione quando hanno saputo quel che il Papa aveva detto a proposito del trionfo di Nicolás Maduro alle presidenziali dello scorso 21 maggio. Il delfino di Hugo Chávez ha vinto con il 68 per cento, ma con un’affluenza bassissima – alle urne si è recato il 46 per cento degli aventi diritto, e si sospetta che siano pure troppi rispetto a quelli realmente visti in coda ai seggi. Il Papa, salutando i giornalisti a bordo dell’aereo che lo portava a Ginevra per la giornata ecumenica, è stato bloccato da un giornalista che gli ha detto che tutto, in Venezuela, era andato benissimo: “Padre Santo, sono stato uno degli osservatori internazionali alle elezioni presidenziali in Venezuela. Ho visitato 20 seggi, alcuni nei barrios più poveri, e la gente era orgogliosa di votare liberamente. Il voto, per quello che ho visto, è stato democratico”. Il Papa si è illuminato: “Lo dica questo, lo dica questo!”.
Solo poche settimane fa, gli eroici vescovi del paese bolivariano – vittime loro stessi della persecuzione non proprio “in guanti bianchi” degli sgherri di Maduro – avevano scritto in una Nota che “la convocazione di queste elezioni è stata fatta con tanto anticipo per vantaggi e interessi politici” ed è “illegittima per l’Istituzione che l’ha convocata”. Punto. A Francesco, il giornalista-osservatore ha invece fatto sapere che “non è facile perché c’è una congiura mediatica” e il Papa ha risposto con una battuta ironica: “Ah, credevo che i giornalisti fossero tutti ragazzi da prima comunione”. E giù risate. Naturalmente Francesco non parlava ex cathedra né si trovava in un austero consesso sullo stato delle rivoluzioni chaviste abortite nel continente latinoamericano. Ma è sempre il Papa. Far intendere chiaramente di condividere l’opinione sull’alto livello della democrazia in Venezuela, dove i dissidenti per fare opposizione il più delle volte devono scappare nottetempo in Colombia, desta qualche riflessione. Per anni, mentre gli organismi estranei all’internazionale bolivariana dei Maduro e Morales, segnalavano la penuria di medicinali, pane, latte e in qualche zona anche di acqua potabile, i difensori dello stato di diritto si appellavano alla chiesa cattolica, cercandone la mediazione per assestare il colpo definitivo al regime di stampo socialista. La Santa Sede, prudentemente, si era mantenuta in una posizione terza, disposta a “facilitare” un accordo senza farsi tirare per la giacca. Facendo così crescere il proprio prestigio e la propria autorevolezza. Che ora rischiano di essere ammaccati con la storiella della “congiura mediatica” ai danni del regime di Maduro.
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