Papa Francesco (foto LaPresse)

Come nel #MeToo la gogna è tutto. Il giustizialismo ecclesiastico sulla pedofilia

Giuliano Ferrara

La guerra al clero cattolico attraverso i reati sessuali ha schiantato un papato e ora è ripartita anche contro il papato misericordioso. La chiesa aveva tre strade: la controffensiva, la tolleranza zero o cambiare la propria natura. Ha scelto questa

Il cedimento della chiesa cattolica è impressionante, e questa è una significativa ovvietà. Sembrava avesse funzionato lo scambio tra un Papa aperto alle voglie del mondo, almeno come atteggiamento misericordioso, e con qualche importante variazione dottrinale guidata dal clero teologico e pastorale tedesco, e la voglia del mondo di annientare, non un complotto ma una tendenza, l’ossatura stessa della chiesa tridentina (il Concilio riformatore e controriformatore della seconda metà del Cinquecento, Trento) e di quella aggiornata del Vaticano II (seconda metà del Novecento, Roma). Non ha funzionato. A poco a poco, dopo due o tre anni di pausa, il tam tam del processo al clero abusivo e pedofilo, protetto dalle gerarchie, anche quelle vicine o vicinissime al nuovo Pontefice, è ripreso con sinistro rimbombo in Cile, in Oceania, in America. Ora Francesco ci prova con la lettera “al popolo di Dio”, chissà che si inventerà in Irlanda in queste ore, la scala della denuncia interna e dell’espiazione ridiventa altissima e viene percorsa di gran lena, conferenze episcopali decapitate, cardinali in ginocchio a pentirsi senza porpora, attacco al clericalismo, agli apparati ecclesiastici, rilancio della tolleranza zero, gli zelanti applaudono alla ricerca della verità con ogni mezzo mondano, mettono le stelle Michelin ai film di denuncia, seguono la corrente con devozione, sferruzzano sotto le ghigliottine che minacciano di far cadere una testa alla settimana. Intanto l’immagine gioviale di Francesco, amabile, popolare, si corrode di giorno in giorno, errori, responsabilità, colpe si assommano anche a suo carico, e di nuovo, come nei mesi precedenti la Renuntiatio di Benedetto XVI, un papato romano ridiventa lo scalpo universale dei mali della chiesa nel mondo.

   

 

Ma non basta. Ed è inutile e opportunistico il fervore dei sostenitori radicali del Papa venuto da lontano, come Alberto Melloni, nell’esorcizzare il demonio clericale che sbrana le pecore del gregge e nel valorizzare il meccanismo di sorveglianza solidarietà e punizione via via sempre irrobustito. La chiesa aveva tre vie per reagire a una situazione che assomiglia a quella scatenata da Lutero con i suoi scritti riformatori all’inizio del Cinquecento, quando un pezzo della cristianità di allora si risolse ad abolire il sacerdozio in favore del sacerdozio universale e di una nuova idea di chiesa, con la decisiva differenza che non sono ricristianizzatori in rivolta teologica e spirituale coloro che oggi l’attaccano ma scristianizzatori militanti del secolo, al massimo gente che ama un vangelo da Baci Perugina.

  

La prima via sarebbe dovuta essere la controffensiva. Non, ovviamente, la negazione dei casi specifici di abuso, non certo l’indifferenza per le vittime e il rifiuto di pentimento ed espiazione per chiunque abbia commesso i fatti emersi o coperto le responsabilità, controffensiva vuol dire difendere con grinta la funzione del prete e del religioso nella chiesa di rito latino-occidentale, difendere i vescovi in quanto pastori e anche loro curatori di anime, spiegare la differenza tra giustizia penale o civile e giustizia ecclesiastica, e contrattaccare. Come ha detto a Repubblica il professor Philip Jenkins, nei fascicoli incriminanti della Pennsylvania, con tutto il rispetto per magistrati che si fanno storici di tempi anche molto lontani (fino a settant’anni), c’è poco o nullo materiale probatorio. La logica in generale di accuse e processi ai preti accusati di vari gradi e responsabilità in materia di abusi sessuali su minori non è probatoria ma testimoniale. Come per il movimento #MeToo, che se la passa come se la passa dopo il clamoroso caso di Asia Argento, la denuncia è tutto, la gogna è tutto, il processo giusto è marginale. Il testimone è vittima, il testimoniato è carnefice al di qua di ogni ragionevole dubbio. Le statistiche imbizzarriscono, il clima è da resa dei conti, chi dissente ha la bocca tappata, si contano sulle dita di una mano nel mondo le voci contrarie alla generalizzazione delle accuse, e chissà quali siano le segrete intenzioni dei farabutti che ragionano intorno alle statistiche, alle circostanze di fatto, ai comitati che fioriscono e incassano risarcimenti da un lato all’altro del mondo cattolico, cioè del mondo.

 

Il criterio di base della seconda via è la tolleranza zero, è la giustizia esemplare, la storia particolare di uno o di cento abusi che si universalizza nel giudizio grottesco su celibato, castità, relazione con l’accudimento della gioventù e dell’infanzia, ogni prete o religioso è ipso facto in regime di sospetto, ogni vescovo o cardinale deve vivere in un clima di reprensibilità potenziale, si moltiplicano le commissioni papali, fioccano le decapitazioni, il Papa stesso è obbligato a contraddirsi quando abbia dubbi su una denuncia, appena l’informazione si specifica in accusa anche non puntuale, ecco che parte la retromarcia, la nuova Inquisizione a rovescio esige un tributo di penitenza prima del rogo, di espiazione collettiva, di estensione categoriale e impersonale della colpa, che è sempre dietro l’angolo. 

     

Il clima di terrore contagia tutti, non solo le carriere dei grandi ma la vita dei piccoli, del basso clero ordinato che diventa, per il solo fatto di esistere come corpo separato, composto di maschi adulti, ricettacolo potenziale del peccato e del reato mescolati insieme. La psicologia della santità si inquina dell’intervento del Diavolo, presente in migliaia di conferenze stampa degli avvocati delle vittime e delle autorità civili che corrodono la credibilità della chiesa senza risposta, senza altra replica che il mea culpa continuo, e un oceano di parole e atteggiamenti che alla fine non basta mai. Su questa via, che mescola passato e presente, e si confondono responsabilità ecclesiali e mondane, secolari, nella generazione del pansessualismo in porzioni limitatissime del clero. Su questa via si è sacrificato un papato che il mondo secolare non aveva accettato, e si sta sacrificando un papato che il mondo aveva fin troppo applaudito. Ma senza spiegare con Kant la distinzione di peccato e reato, senza esibire al mondo non già solo il rimorso o l’impudenza di alcuni preti ma il tormento insito nella missione del prete, educativa, di vicinanza ai ragazzi, di amputazione di una parte del Sé sull’altare dell’ordine, insomma senza difendere ciò che è cattolico tra i cattolici e nella loro storia e tradizione, la tolleranza zero si trasforma in banale giustizialismo ecclesiastico, in rincorsa delle responsabilità a scopi di lotta gerarchica, in ricerca di popolarità a scorno dell’istituzione teandrica, e della sua storia bimillenaria.

  
Alla terza via ormai ci siamo o ci dovremmo essere. Se la chiesa non sa difendersi e contrattaccare, se interiorizza le accuse come prove, le testimonianze come processo, se non ce la fa, allora deve cambiare sul serio, piuttosto che alimentare un processo senza fine alla sua natura e identità. Che cambino natura, se non credono più nella loro, cambino pelle se non stanno più nella loro pelle. Aboliscano il celibato, creino uno spartiacque nel rapporto con la condizione femminile, chiudano i seminari o rinnovino radicalmente la formazione del clero, ci risparmino gli psicologi, le chiacchiere pseudoteologiche sulla pornografia di internet, rilancino un Dio dell’interiorità personale, un sacerdozio pastorale universale in cui i fedeli si riconoscano, facciano una rivoluzione postriformatrice e postluterana capace davvero di aggiornare il cattolicesimo, e quel mezzo passo avanti che ha timidamente svalutato l’autorità liturgica e carismatica della chiesa papale si trasformi in un coraggioso salto nel vuoto del possibile, con invenzioni che valgano la pena all’insegna di una novità senza continuità. Dubito che questo riduca la tentazione e il peccato, se non i reati puntuali e provabili che sono una sezione del tutto marginale del problema, ma almeno ci sarà risparmiata, nella logica misericordiosa del perdono e del rinnovamento spirituale e dogmatico, una chiesa inquisitoria che ricalca la passione di gogna di tanta parte del mondo.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.