Papa Francesco s'è fatto un'idea sugli abusi. Problema
“Tutta colpa del clericalismo”, dice il Pontefice. Bene, ma ora che si fa?
Il Papa non naviga a vista sulla questione degli abusi sessuali che hanno costretto anche il suo pontificato (come quello del predecessore) a rinchiudersi – chissà quanto provvisoriamente – nel fortino eretto in tutta fretta per difendersi dagli assalti del mondo. Un’idea ben precisa ce l’ha ed è quella che ieri mattina ha pubblicato la Civiltà Cattolica, rivista che è affidabile depositaria del verbo papale. “Io – è quanto ha detto Francesco lo scorso 25 agosto conversando con i gesuiti irlandesi a Dublino – ho capito una cosa con grande chiarezza: questo dramma degli abusi, specialmente quando è di proporzioni ampie e dà grande scandalo – pensiamo al caso del Cile e qui in Irlanda o negli Stati Uniti –, ha alle spalle situazioni di chiesa segnate da elitismo e clericalismo, una incapacità di vicinanza al popolo di Dio. L’elitismo, il clericalismo favoriscono ogni forma di abuso. E l’abuso sessuale non è il primo. Il primo è l’abuso di potere e di coscienza”.
Il clericalismo come male assoluto dunque, anche in rapporto alla piaga che da quasi vent’anni sta corrompendo la chiesa qua e là nel mondo, dal Cile all’Australia passando per l’America, la Francia e la Germania (il rapporto sulle migliaia di abusi – più di tremila – commessi da preti tedeschi negli ultimi decenni sarà pubblicato a ottobre, ma qualche manina ha già fatto arrivare ai giornalisti numeri e dati, così che lo scandalo possa essere meglio amplificato).
Francesco, che ad agosto si è visto recapitare dalla Pennsylvania un rapporto della magistratura che ha fatto precipitare il suo indice di fiducia negli Stati Uniti (là si è parecchio suscettibili sul tema, e la Cnn dice che si è passati dal 72 per cento di giudizi positivi al 43 in un anno), tenta la contromossa: convoca riunioni in Vaticano per febbraio alle quali sono invitati tutti i presidenti delle conferenze episcopali, riceve i vertici della gerarchia americana per lunghe ore in quello che è stato il primo confronto sul tema (“fruttuoso e buono”, recita il comunicato di rito, con tanto di foto in cui spicca il cardinale Sean O’Malley col suo saio cappuccino), continua l’opera di “purificazione”, cacciando vescovi compromessi (dopo la prima fase di purghe cilene è toccato a mons. Michael Bransfield, rimosso dalla sua diocesi in West Virginia perché accusato di molestie sessuali su adulti). Accertata la causa che ha scatenato il morbo, ora viene il difficile: come si può estirpare l’elitismo e il clericalismo, che non sembrano essere fenomeni proprio recenti? Di certo non basteranno discorsi a effetto, esortazioni apostoliche ed encicliche. Il problema, piuttosto grave, è che non si può neppure azzerare l’intera gerarchia episcopale mondiale.