Al Sinodo sempre di sesso si parla
Arrivano i “cattolici Lgbt”. La chiesa classifica i fedeli secondo la tendenza?
La ricezione presso il popolo fedele del doppio Sinodo sulla famiglia (biennio 2014-15) si era incartata su una notarella a piè di pagina contenuta nel famoso capitolo VIII dell’esortazione Amoris laetitia. Un paio di righe che secondo qualcuno – teologi, cardinali, vescovi e luminari, quindi gente esperta se non altro di Sacre scritture e di morale famigliare – autorizzavano il riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati. Stavolta a creare qualche problema è il paragrafo 197 dell’interminabile Instrumentum laboris, lo schema di lavoro che i padri riuniti nell’Aula nuova seguiranno per quasi un mese.
In quel paragrafo si legge infatti che “alcuni giovani Lgbt, attraverso vari contributi giunti alla Segreteria del Sinodo, desiderano beneficiare di una maggiore vicinanza e sperimentare una maggiore cura da parte della chiesa, mentre alcune conferenze episcopali si interrogano su che cosa proporre ai giovani che invece di formare coppie eterosessuali decidono di costituire coppie omosessuali e, soprattutto, desiderano essere vicini alla chiesa”. L’arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput, uno dei leader del “partito” conservatore americano, ha preso la parola per chiedere a chi appartenesse la mano che aveva per la prima volta messo nero su bianco in un documento di santa e romana e cattolica chiesa la “qualifica” di Lgbt.
Chaput ha detto l’unica cosa di buon senso che si potesse dire: ma da quando in qua i cattolici vengono definiti secondo la propria tendenza sessuale? Si parla dei desideri dei cattolici Lgbt? E allora perché non parlare di quello che vogliono i cattolici uomini o le cattoliche donne? E perché non portare all’attenzione del Sinodo i desiderata dei cattolici bianchi e dei cattolici neri? Gesù nel Vangelo non avrà mai parlato di sesso, ma non s’è messo neppure a sofisticare di tendenze sessuali del popolo che lo circondava. La chiesa, ha aggiunto l’arcivescovo di Philadelphia, “non classifica le persone in questo modo”.
Il segretario generale del Sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, ha ribadito che sono stati “i giovani” a voler usare quell’acronimo, lui comunque non ha pensato di toglierlo. Ieri davanti ai giornalisti è andato a rendere conto della cosa il prefetto del Dicastero per la comunicazione, il laico Paolo Ruffini, che ha ribadito la linea-Baldisseri: “Tale espressione è stata utilizzata in alcuni contributi delle Conferenze episcopali giunti alla Segreteria generale, e anche in alcune osservazioni generali. Per questo è stata inserita nell’Instrumentum laboris”. Comunque, ha aggiunto, si è parlato tanto di sesso, gender, madri e padri, di “coppie che sentono di non riuscire a vivere una vita di coppia senza avere rapporti intimi”. Come si sospettava, il titolo “i giovani e la fede” è un contenitore talmente ampio che dentro, in venticinque giorni di chissà quanto fraterne discussioni tra padri, ci può stare davvero di tutto. Quanto ai risultati, è presto per fare profezie. Il cardinale Baldisseri è convinto che arriverà la “spinta dinamica” di cui la chiesa ha bisogno. Si vedrà.