La caccia ai cristiani in Eritrea
Non solo Siria e Iraq. La persecuzione ha trovato terreno fertile in Africa
Ventidue cliniche gestite dalla chiesa cattolica contava l’Eritrea lo scorso giugno e ventidue sono state quelle confiscate nell’ultimo mese dal governo dittatoriale del paese africano. E’ una vendetta, lamentano i vertici della chiesa, per la richiesta (esplicita e pubblica) fatta al capo dello stato di attuare riforme capaci di fermare l’esodo massiccio di giovani dal paese, soprattutto ora che è stato firmato l’Accordo di pace con l’Etiopia. Il timore maggiore è ora per il destino delle scuole cattoliche: lo stato potrebbe, in virtù di una legge del 1995, nazionalizzarle, essendo esso (in teoria) l’unico attore deputato a gestire “le opere sociali”. A maggio, trenta cristiani erano stati arrestati con l’accusa di pregare: erano pentecostali, religione non riconosciuta. Quindi, illegali. Spesso, basta essere trovati in possesso di una Bibbia per finire nelle carceri locali, dove il trattamento è disumano e la tortura è la prassi. La comunità internazionale, come sovente accade, latita. L’Eritrea non è la Siria né l’Iraq e neppure la grande Cina – anche lì si può finire dietro le sbarre se si esibisce una Bibbia dove non si dovrebbe – ma è la spia di una persecuzione a danno dei cristiani latente e che in Africa – non solo in quella subsahariana – ha trovato il suo habitat ideale. Dopotutto, i segnali c’erano già tutti, era sufficiente guardare alla Nigeria tramortita dalle stragi di Boko Haram e dalle avanzate dei pastori Fulani, che per motivi diversi avevano nel mirino i cristiani. Dell’Eritrea si sa meno, si ha una visione esotica – i documentari ricordano i vari cinema italiani ad Asmara, le pompe di benzina, i viali coloniali – e della tremenda dittatura che ha riempito le prigioni di almeno diecimila prigionieri politici non si parla abbastanza. Il fondamentalismo non è solo religioso, la persecuzione non è solo quella che anima la spada islamista così attiva nel vicino e medio oriente. Parlare d’Eritrea servirebbe anche a capire un po’ di più dei fenomeni migratori al di là del Mediterraneo.
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