La Cei attacca: “Il sì al suicidio assistito aprirebbe una voragine irreversibile”
Il cardinale Gualtiero Bassetti contro le derive eutanasiche che potrebbero essere deliberate dalla Consulta o dal Parlamento
Roma. Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, è intervenuto all’incontro sul suicidio assistito promosso dal tavolo Famiglia e vita che ha riunito l’Associazione medici cattolici italiani, il Forum delle famiglie, il Forum sociosanitario, il Movimento per la Vita e l’Associazione Scienza e Vita. Dopo un’ampia premessa in cui ha ribadito la contrarietà a ogni forma eutanasica ha richiamato il principio inderogabile del rispetto della vita, ha detto che “la logica utilitarista porta rapidamente a una crisi del diritto stesso, il quale si vede trasformato in mera convenzione, in arbitrarietà e accordo tra le parti, invece che essere il mezzo per promuovere i valori umani”. Il riferimento ovvio è “al passaggio istituzionale al quale stiamo assistendo, apparentemente avvitatosi in un percorso senza sbocchi, ma in realtà orientato, sottotraccia, all’approvazione di princìpi lesivi dell’essere umano”.
Bassetti ha ricordato che tra poco scadrà l’ultimatum della Corte costituzionale, che aveva dato un anno di tempo al Parlamento per legiferare in materia di suicidio assistito. “Se entro questa data il Parlamento non avrà condiviso un testo unico sull’argomento, la Consulta stessa potrebbe intervenire con una sua sentenza. Se così avverrà, il Parlamento avrà abdicato alla sua funzione legislativa e rinunciato a dibattere su una questione di assoluto rilievo”. Intanto proprio le Camere si sono però limitate “a presentare alcune proposte di legge, senza pervenire né a un testo condiviso, né ad affrontare in modo serio il dibattito”. La via più percorribile, ora “sarebbe quella di un’attenuazione e differenziazione delle sanzioni dell’aiuto al suicidio, nel caso particolare in cui ad agire siano i familiari o coloro che si prendono cura del paziente. Questo scenario, tutt’altro che ideale, sarebbe comunque altra cosa rispetto all’eventualità di una depenalizzazione del reato stesso. Se si andasse nella linea della depenalizzazione, il Parlamento si vedrebbe praticamente costretto a regolamentare il suicidio assistito. Avremmo allora una prevedibile moltiplicazione di casi simili a quello di Noa, la ragazza olandese che ha trovato nel medico un aiuto a morire, anziché un sostegno per risollevarsi dalla sua esistenza tormentata. Casi come questi sono purtroppo frequenti nei paesi dove è legittima la pratica del suicidio assistito”.
In realtà, ha aggiunto Bassetti, “ben prima che sul reato di suicidio, i lavori parlamentari dovrebbero essere dedicati a una revisione delle Disposizioni anticipate di trattamento, approvate con la legge 219, del dicembre 2017. Le disposizioni contenute in quel testo, infatti, rappresentano il punto di partenza di una legge favorevole al suicidio assistito e all’eutanasia. La legge 219 andrebbe, infatti, rivista laddove comprende la nutrizione e l’idratazione assistite nel novero dei trattamenti sanitari, che in quanto tali possono essere sospesi; così, andrebbero chiarite le circostanze che la legge stabilisce per la sedazione profonda e dovrebbe essere introdotta la possibilità di esercitare l’obiezione di coscienza alla norma. Andrebbe, infine, rafforzato il ricorso alle cure palliative, la cui importanza è cruciale nell’offrire il necessario sollievo alla sofferenza del malato. L’equivocità della legge sul biotestamento – ha aggiunto – è resa evidente se messa in rapporto con il drammatico epilogo della vicenda del francese Vincent Lambert e al quale in Italia, proprio in virtù della legge 219, sarebbero state sospese nutrizione e idratazione, mediante l’accordo tra il medico e il legale, anche senza alcun coinvolgimento del giudice”.
L’approvazione del suicidio assistito in Italia, ha chiarito il presidente della Cei, “aprirebbe allora un’autentica voragine dal punto di vista legislativo, ponendosi in contrasto con la stessa Costituzione italiana, secondo la quale ‘la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo’, il primo dei quali è quello alla vita. Tale contrasto segnerebbe dal punto di vista giuridico un passaggio irreversibile”, con conseguenze enormi. Per rendere chiaro il quadro, Bassetti ha illustrato quali sarebbero gli effetti se nel nostro ordinamento fosse affermata la liceità del suicidio assistito e dell’eutanasia. “Diverrebbe sempre più normale il togliersi la vita e ciò potrebbe avvenire di fatto per qualunque ragione e, per di più, con l’avvallo e il supporto delle strutture sanitarie dello stato. L’eventualità di togliersi la vita rappresenterebbe in apparenza una via di fuga che assicura libertà, ma in realtà verrebbe a determinare una terribile incertezza: se sia più conveniente rinunciare all’esistenza o proseguirla”. Inoltre, “l’introduzione dell’eutanasia aprirebbe anche ad altri scenari: indurrebbe a selezionare, mediante la formulazione di appositi parametri sanciti dallo stato, chi debba essere ancora curato e chi non ne abbia il diritto. Il caso di Charlie, il piccolo britannico al quale è stata negata, contro il parere dei genitori, l’opportunità delle cure, rappresenta in tal senso un caso emblematico”. Considerando che “siamo una società che già seleziona, e stabilisce chi tra gli esseri umani sia anche persona e porti o meno il diritto di nascere e di vivere”, “le leggi di cui temiamo l’approvazione non farebbero che ampliare tale obbrobrio, rendendo la vita umana sempre più simile a un oggetto e sempre più soggetta alla regola del consumismo: si usa e si getta. Verrebbe così trasformato pure il senso della professione medica, alla quale è affidato il compito di servire la vita. La stessa sanità diventerebbe sempre più una sanità a due livelli, e si accrescerebbe la pericolosa tendenza a offrire cure più o meno qualificate, a seconda delle possibilità economiche di ognuno”.